Mladic, ergastolo confermato in appello al boia di Srebrenica: è colpevole di genocidio

Mladic, confermato in appello l'ergastolo il "boia di Srebrenica": colpevole del genocidio di oltre 8mila persone
Ratko Mladic, il boia di Srebrenica, resterà per il resto della sua vita in carcere. Il Tribunale dell'Aja, confermando la sentenza di primo grado del 2017, ha infatti...

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Ratko Mladic, il boia di Srebrenica, resterà per il resto della sua vita in carcere. Il Tribunale dell'Aja, confermando la sentenza di primo grado del 2017, ha infatti condannato oggi definitivamente all'ergastolo l'ex generale serbo-bosniaco, riconosciuto responsabile in primo luogo del genocidio di Srebrenica con il massacro di 8 mila musulmani bosniaci nel luglio 1995, e del lungo e sanguinoso assedio di Sarajevo. Una sentenza, quella di oggi, che chiude il processo all'ultimo criminale di guerra eccellente giudicato dalla giustizia internazionale per il conflitto armato del 1992-1995 in Bosnia, nel cuore dell'Europa e nel pieno della disgregazione della ex Jugoslavia. Una guerra fratricida il cui bilancio terrificante fu di 100 mila morti e 2 milioni di profughi, con strascichi di odio etnico e contrapposizioni religiose e nazionaliste che durano purtroppo ancora oggi nell'intera regione dei Balcani. 

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In giacca scura e cravatta azzurra, apparentemente in buone condizioni, Mladic ha seguito di persona in aula con le cuffie della traduzione la lettura del lungo dispositivo della sentenza di appello, che ha respinto tutti i ricorsi della difesa confermando la sua colpevolezza per 10 degli 11 capi di accusa. È stato infatti respinto anche il ricorso della procura contro l'assoluzione in primo grado di Mladic dalle accuse di genocidio anche in altre sei località bosniache. Accigliato e perplesso, scuotendo a volte il capo in segno di disapprovazione, l'ex generale che ha 78 anni e le cui condizioni di salute sono molto precarie ha ascoltato attentamente il fiume impietoso di accuse nei suoi confronti: genocidio, uccisioni indiscriminate, torture, stupri, presa di ostaggi, deportazioni. La figura di Ratko Mladic continua a dividere profondamente l'opinione pubblica nella regione e in particolare nella Bosnia-Erzegovina, che sulla base degli accordi di pace di Dayton si compone di tre popoli - bosgnacco musulmano, serbo ortodosso e croato cattolico, e due entità, la Federazione croato-musulmana (51% del territorio) e la Republika Srpska (49%). Per i bosgnacchi musulmani è un criminale crudele e sanguinario, per i serbi un eroe, paladino della difesa dell'intero popolo serbo.

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Arrestato nel maggio 2011 nel nord della Serbia dopo una latitanza avventurosa e rocambolesca durata 16 anni, Mladic ha sempre negato responsabilità dirette nei massacri e nelle atrocità in Bosnia. «Io sono il generale Mladic. Ho difeso il mio Paese e il mio popolo», aveva detto nella sua prima apparizione nell'aula del Tribunale dell'Aja. In realtà insieme a Radovan Karadzic, capo politico dei serbi di Bosnia anch'egli condannato all'ergastolo, e a Slobodan Milosevic, l'uomo forte di Belgrado morto in carcere all'Aja nel 2006 in attesa del processo, Mladic è stato tra i principali fautori della politica di nazionalismo serbo, pulizia etnica e propaganda anti-musulmana che ha infiammato e devastato i Balcani negli anni Novanta. Il verdetto dell'Aja è stato salutato come una liberazione non solo in Europa. «Questa storica sentenza mostra che coloro che commettono crimini orribili saranno considerati responsabili e rafforza la nostra comune risolutezza nel prevenire che future atrocità accadano in qualsiasi parte del mondo», ha commentato da Washington il presidente Usa Joe Biden. Mentre per Bruxelles «la decisione odierna è un'opportunità per i leader della Bosnia-Erzegovina e della regione per onorare le vittime e promuovere un ambiente favorevole alla riconciliazione».

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Il Messaggero