Libia, bombe su Tripoli nella notte: almeno 11 morti e 30 feriti. Serraj: Haftar usa aerei stranieri

Libia, bombe su Tripoli nella notte: almeno 11 morti e 30 feriti. Serraj: Haftar usa aerei stranieri
«Haftar bombarda usando aerei stranieri». Questa la denuncia ohanned Younis, il portavoce del presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez al Sarraj, dopo...

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«Haftar bombarda usando aerei stranieri». Questa la denuncia ohanned Younis, il portavoce del presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez al Sarraj, dopo che un bombardamento sferrato in Libia poco prima della mezzanotte di ieri ha causato almeno 11 morti e 30 feriti. Gli sfollati, secondo l'Onu, sono 40mila. Il Papa ha lanciato un appello affiché vengano evacuati i profughi nel Paese


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Khalifa Haftar «copre le sconfitte militari bombardando con aerei stranieri i civili disarmati a Tripoli». Il governo di unità nazionale sottolinea il «lassismo e il silenzio» della missione Onu e del Consiglio di sicurezza nei confronti del «criminale Haftar», accusa in una nota il portavoce di al Sarraj. Il bombardamento su Tripoli «è un crimine di guerra che si aggiunge agli altri perpetrati dall'inizio dell'aggressione», ha detto.

Il conto delle vittime del bombardamento di ieri notte «potrebbe aggravarsi», riferiscono all'ANSA fonti mediche nella capitale contattate telefonicamente. Il bombardamento ha centrato un'area circa 9km a sudovest dal cuore della capitale.

È salito a 40.100 il numero degli sfollati dall'inizio degli scontri armati a Tripoli e dintorni. Lo scrive l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) in un aggiornamento sulla situazione, precisando che le aree a sud di Ain Zara, Khala, Azizya, Qasr Bin Ghashir, Wadi Rabiya e Suani sono largamente inaccessibili agli operatori umanitari a causa dei combattimenti e che la comunità internazionale dell'assistenza continua a chiedere una tregua e un corridoio umanitario per poter raggiungere coloro che hanno bisogno di aiuto e di essere evacuati. 3.300 rifugiati e migranti restano intrappolati in centri di detenzione situati in aree colpite dai combattimenti o in aree a rischio di conflitto armato.
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Il Messaggero