Libia, raid aereo di Haftar sull'aeroporto di Tripoli. Conte sente Serraj

Ancora tensione in Libia. Le forze aeree del generale Khalifa Haftar hanno compiuto un raid sull'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso nel 2014, a sud...

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Ancora tensione in LibiaLe forze aeree del generale Khalifa Haftar hanno compiuto un raid sull'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso nel 2014, a sud della capitale. Lo rende noto l'emittente libica Alahrar tv secondo la quale l'attacco non avrebbe causato vittime. Nella tarda serata di ieri il premier Giuseppe Conte e il presidente del Consiglio presidenziale libico Fayez Serraj si sono sentiti al telefono, confrontandosi sull'offensiva lanciata contro Tripoli da Haftar. Il premier ha ribadito il no alla violenza e ha fatto appello alla fine del conflitto e alla ripresa del dialogo politico tra le parti per arrivare alla stabilizzazione del Paese.


Solitudine di un Paese/ La strategia che manca per avere peso in Libia


Il presidente francese, Emmanuel Macron, nel corso di diversi colloqui telefonici avuti «in questi ultimi giorni» con il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, il premier libico Sarraj, e il maresciallo Haftar, ha espresso «profonda preoccupazione» per i recenti eventi in Libia e ha ricordato che «non c'è soluzione militare al conflitto libico». Per lui è «imperativo agire immediatamente per porre fine ai combattimenti e placare le tensioni».

Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, «condanna fermamente l'escalation militare e i combattimenti in corso a Tripoli e dintorni, compreso l'attacco aereo dell'Esercito Nazionale Libico (Lna) del generale Haftar contro l'aeroporto Mitiga». In una nota del suo portavoce, Guterres «chiede lo stop immediato di tutte le operazioni militari con l'obiettivo di una de-escalation e di prevenire un conflitto a tutto campo». Quindi ribadisce che «non esiste una soluzione militare al conflitto in Libia e invita tutte le parti a impegnarsi immediatamente in un dialogo per raggiungere una soluzione politica», che l'inviato speciale Ghassan Salamè è pronto a facilitare. Il segretario generale «ricorda inoltre a tutte le parti i loro obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario per garantire la sicurezza di tutti i civili»: «Tutti i libici meritano pace, sicurezza, prosperità e rispetto per i diritti umani».

Medici Senza Frontiere (Msf) esprime «grave preoccupazione per i civili intrappolati nei combattimenti in corso a Tripoli». «Siamo molto preoccupati per tutti i civili intrappolati nei combattimenti in corso a Tripoli, compresi i migranti e i rifugiati bloccati nei centri di detenzione nelle aree colpite o nelle immediate vicinanze - afferma Craig Kenzie, capo progetto delle operazioni Msf a Tripoli - Anche in periodi di relativa calma, migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione sono costretti a condizioni pericolose e degradanti che hanno impatti negativi sulla loro salute fisica e mentale. Il conflitto ha reso queste persone ancora più vulnerabili e ha drasticamente ridotto la capacità della comunità umanitaria di fornire una risposta salvavita tempestiva e garantire evacuazioni urgentemente necessarie».

«Il centro di detenzione di Ain Zara, dove pochi giorni fa il segretario generale delle Nazioni Unite ha constatato 'la sofferenza e la disperazione' di rifugiati e migranti, si trova ora nel pieno degli scontri, con quasi 600 persone vulnerabili, compresi donne e bambini, intrappolate al suo interno - prosegue la dichiarazione - Testimonianze arrivate da un altro centro suggeriscono che alcune persone vengano costrette a lavorare per i gruppi armati».


Msf chiede che «tutti i rifugiati e migranti detenuti in Libia siano evacuati dalle zone a rischio appena possibile e, in attesa del loro rilascio, che vengano garantiti la loro sicurezza e i loro bisogni essenziali». «È la terza volta negli ultimi sette mesi che a Tripoli scoppiano combattimenti, eppure molte delle persone trattenute nei centri sono lì a causa delle politiche degli stati membri europei, che permettono alla guardia costiera libica di intercettare migranti e rifugiati in mare e riportarli forzatamente in Libia, in violazione del diritto internazionale - conclude la dichiarazione - Il conflitto attuale non fa che evidenziare ancora una volta che la Libia non è un porto sicuro dove la protezione di migranti e rifugiati possa essere garantita».
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Il Messaggero