Crisi del Kashmir, l'analista indiana: «Nuova opportunità per la popolazione»

Donne manifestano contro la decisione indiana di togliere lo status speciale al Kashmir
La decisione dell'India di revocare lo status speciale del Kashmir potrebbe «portare a una migliore stabilità e a una era forse meno ambivalente». È...

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La decisione dell'India di revocare lo status speciale del Kashmir potrebbe «portare a una migliore stabilità e a una era forse meno ambivalente». È quanto ha dichiarato l'analista indiana Manisha Gangahar, esperta di Kashmir e autrice numerosi interventi sulla questione, tra cui il volume “Kashmir's Narratives of Conflict: Identity Lost in Space and Time”. «La richiesta di una nazione separata chiamata Jammu e Kashmir aveva perso molto tempo fa il suo principio fondante», spiega l'analista in una intervista all'Adnkronos, convinta che «ora il governo indiano deve far vedere la differenza tra il prima e il dopo la revoca dell'Articolo 370» della sua Costituzione. L'Articolo consentiva allo stato del Jammu e Kashmir una completa autonomia e il legislatore statale era libero di redigere le proprie leggi, tranne nei settori delle comunicazioni, della difesa, della finanza e degli affari esteri, mentre ai cittadini indiani era

proibito acquistare terreni nello stato. Ma secondo Gangahar «l'autonomia speciale garantita dall'Articolo 370 non aveva portato niente di speciale per i kashmiri in termini di pace e di prosperità negli ultimi decenni».

INDULGENZA E ABUSO
«Delhi e Srinagar, dal 1947, hanno avuto un rapporto di indulgenza e abuso, cambiando di volta in volta - ha spiegato l'autrice - I recenti eventi possono portare a una nuova era, forse meno ambivalente, e a una migliore stabilità. Mentre questa richiesta di una nazione separata chiamata Jammu e Kashmir molto tempo fa ha perso il suo principio fondante, con Jammu e Ladakh che desideravano separarsi politicamente e amministrativamente, anche il Kashmir ha perso i suoi kashmiriri con l'esodo dei Pandit». Ora «ovviamente i kashmiri stanno vivendo un periodo difficile, è un peccato che la Valle sia stata bloccata. Ma se questo porterà sviluppo, posti di lavoro, un miglioramento delle condizioni di vita e soprattutto pace» la decisione del governo indiano «dimostrerà di

essere nel più grande interesse della gente», ha aggiunto. Quindi «per una volta lasciamo che la vita umana valga più dei diritti umani», ha concluso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero