Morto Karl Munter, l'ex-membro delle SS che non si è mai pentito per la strage di 86 persone

Morto Karl Munter, l'ex-membro delle SS che non si è mai pentito per la strage di 86 persone
Appena un anno fa, Karl Münter, ex-membro delle SS negava di aver avuto un ruolo diretto nell'eccidio di Ascq, nel nord francese, in cui i nazisti trucidarono 86...

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Appena un anno fa, Karl Münter, ex-membro delle SS negava di aver avuto un ruolo diretto nell'eccidio di Ascq, nel nord francese, in cui i nazisti trucidarono 86 persone. Lo dichiarava in un'intervista televisiva rilasciata al canale Ard, in cui ammise di non essersi mai pentito di averne fatto parte.


Ieri, Münter all'età di 96 anni, è morto in Germania, a pochi mesi da una nuova accusa di incitamento all'odio razziale, da parte di un tribunale tedesco. Nella notte tra l’1 e il 2 aprile 1944, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, per rappresaglia, le truppe naziste - tra cui Münter, - trucidarono 86 persone in risposta ad un attacco dei partigiani francesi ad un convoglio tedesco. E nel 1949, al termine del conflitto, l'ex-SS fu condannato da un tribunale francese per quella strage. Eppure, Münter, ha continuato il resto della sua vita come impiegato in un ufficio postale in Germania, senza aver mai dovuto scontare la pena.

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Nel 2018, secondo una TV tedesca, l’uomo avrebbe partecipato a un raduno del partito neonazista NPD, come “testimone di un’epoca” ed in alcune dichiarazioni pubbliche, come scrive il giornale francese Le Monde, l'uomo a proposito dell'Olocausto e della morte di 6 milioni di ebrei, disse “ho letto da qualche parte che quella cifra è falsa, non ci credo più a questo”. Intervistato dall'emittente tv ARD, Münter ha affermato di aver svolto solo il controllo delle persone arrestate ed in merito al suo pentimento per aver preso parte all'eccidio di Ascq, ha risposto “per niente, perché dovrei pentirmi. Se arresto delle persone sono responsabile e se tentano di fuggire ho il diritto di sparare loro”.

Nel 2018, la giustizia tedesca ha archiviato il processo per il massacro in Francia nel 1944, sostenendo che l'uomo era già stato condannato per lo stesso reato da un tribunale militare e che secondo la legge non era possibile giudicarlo una seconda volta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero