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Quando i militari israeliani sono entrati nel kibbutz di Kfar Aza, a cinque chilometri dalla Striscia di Gaza nel deserto del Negev, si sono resi conto che l’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre era il punto di non ritorno: «Questo non è un campo di battaglia. È un massacro», ha detto il generale Itai Veruv. Oltre 200 persone uccise, più di 40 i bambini, molti neonati. «Alcuni di loro non hanno più la testa. Fatta saltare da colpi d’arma da fuoco esplosi da vicino. O mozzata», riferisce il generale. Essere sopravvissuti non è stata una garanzia di salvezza, perché i miliziani se ne sono andati con il loro bottino umano. E tra i rapiti del kibbutz ci sono anche sette bambini, le cui fotografie sono state diffuse oggi insieme ai volti di altri 21 minori sequestrati e portati nei tunnel sotto Gaza. Di loro non si sa più nulla.
I ritratti
Per ognuno c’è una storia. Molti sono stati presi con le famiglie, alcuni con le nonne, ad altri sono stati uccisi la madre e il padre. Abigail ha tre anni, indossa una maglietta con pappagalli colorati, sorride in uno dei suoi ultimi scatti. Quando i miliziano hanno fatto irruzione nella sua casa a Kfar Aza si sono trovati davanti i genitori Roy e Samdar Idan, morti crivellati dai proiettili, mentre i suoi fratelli di sei e nove anni si sono salvati nascondendosi in un armadio. Abigal è scappata nell’appartamento dei vicini ed è stata rapita insieme a loro. Dallo stesso kibbutz sono stati trascinati via i tre fratelli Uriyah, quattro anni e mezzo, Yuval, otto, e Ofri Brodetz insieme alla loro madre Hagar, fotografata con la primogenita sulle ginocchia che mangia un gelato. Inghiottiti nella Striscia anche Tal Goldstein, 9 anni, i fratelli Agam e Gal, la mamma Chen. Aviv Asher, 2 anni e mezzo, guarda dritto nell’obiettivo con gli occhi scuri, una coroncina di fiori rosa tra i capelli: è stata sottratta da Nir Oz con la sorella Raz, la madre Doron e la nonna Efrat Katz.
Bolle di sapone
Le immagini diramate dal governo israeliano formano un mosaico del dolore. Uno accanto all’altro, tutti in momenti felici, vengono ritratti i nove mesi di Kfirun con un pupazzo rosa tra le mani e i 17 anni di Ofir e Agam. In mezzo ci sono Ariel, 4 anni, che fa le bolle di sapone, Ella, di otto, fotografata con un abito da principessa, e il sorriso sdentato del coetaneo Naveh. Eitan, 12 anni, posa con il suo gatto in spalla, lo scatto di Amelia, 6 anni, ostaggio con la madre e i due cugini, è il ricordo di una bella giornata al mare. In conferenza stampa davanti al presidente francese Emmanuel Macron e al resto del mondo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è soffermato sul dramma dei più piccoli e ha evocato la shoah. Nell’attacco di Hamas, ha detto, «i bambini sono stati costretti a nascondersi nelle soffitte come Anna Frank dai nazisti». Un richiamo al passato al quale fa riferimento anche Alon Goldstein sul sito Israele.net: «Un delinquente con kalashnikov agguanta un ragazzino di nove anni. Neonati, anziani. Tutti spietatamente sequestrati. Immagini a colori, insopportabili. Scattate in Israele nel 2023, non nel ghetto di Varsavia sotto occupazione nazista nel 1940». A dare voce ai tanti minori uccisi, feriti o rapiti in questa guerra è l’Unicef: «Negli ultimi 18 giorni nella Striscia di Gaza è stato registrato un bilancio devastante per i suoi bambini, con notizie di 2.360 morti e 5.364 feriti. Secondo le notizie, più di 400 bambini morti o feriti ogni giorno. Inoltre, più di 30 bambini israeliani hanno perso la vita e decine rimangono in ostaggio nella Striscia di Gaza. Questo periodo rappresenta l’escalation più letale delle ostilità nella Striscia e in Israele a cui l’Onu abbia assistito dal 2006».
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