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Era l'una e ventiquattro minuti del 26 aprile 1986 quando un guasto al reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl, nei pressi di Kiev, in Ucraina, ha provocato il più grande incidente della storia dell'energia nucleare. Decine le vittime a causa della sindrome da radiazione acuta, migliaia in seguito i malati e i morti, per le patologie conseguenti all'esposizione alle radiazioni. Un numero che è ancora oggi oggetto di discussione: si stima che 115mila persone siano decedute negli anni. E dopo l'incidente di Fukushima, la centrale giapponese esplosa nel 2011, il disastro di Chernobyl è l'unico a essere classificato al settimo livello, il massimo.
L'errore umano: come è stato possibile
La narrazione sulle cause dell'esplosione a Chernobyl è ormai nota: un errore umano durante un test di controllo ha provocato l'eplosione del reattore. Cosa sia realmente successo e a chi vada imputata la colpa, non è ancora del tutto chiaro. L’incidente ha generato una nube radioattiva che si è espansa in buona parte dell’Europa. Sulla scala Ines (scala internazionale degli eventi catastrofici nucleari e radiologici) è stato classificato al massimo livello.
La località in cui è avvenuto il disastro si trova a circa 100 km da Kiev; Chernobyl, insieme a Pripyat, ha preso il nome di città fantasma, proprio perché è stata completamente evacuata e la nube radioattiva ha avvolto progressivamente la vita di migliaia di persone (stime Onu e Kgb) causando oltre 100mila sfollati. Quello che è rimasto di Chernobyl nella memoria dei testimoni poi tramandata alle generazioni più giovani, è un insieme di palazzi “fantasma”, pieni di giocattoli e vestiti, cibo e oggetti accumulati in una vita da parte di persone che hanno dovuto abbandonare tutto e pensare a salvare esclusivamente se stessi e la propria famiglia.
I rischi di una catastrofe a Zaporizhzhia
A distanza di 37 anni e in un clima che sembra non aver imparato molto dal passato, si fanno ora i conti con un altro rischio di catastrofe: quello legato alla più grande centrale nucleare del continente europeo, ovvero a Zaporizhzhia, sulla sponda orientale del fiume Dnipro, nell’Ucraina sudorientale. Nell’ambito dell’aggressione della Russia nei confronti del Paese, gli scontri attorno alla centrale nucleare non si sono mai realmente fermati. Le forze russe hanno occupato Zaporizhzhia nel marzo dello stesso anno. Il 25 agosto le truppe di Vladimir Putin hanno scollegato lo stabilimento dalla rete elettrica ucraina, rischiando di creare un disastro radioattivo, perché non avrebbero lasciato i sistemi di raffreddamento a pieno regime, secondo quanto riferito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a The Guardian.
Mosca continua a rifiutarsi di smilitarizzare la zona attorno alla centrale e le Nazioni Unite hanno incaricato esperti di monitorare la stabilità dei sistemi di sicurezza.
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Il Messaggero