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Benvenuti al The Walled off Hotel di Betlemme. Letteralmente l'albergo murato. Al numero 182 di Caritas Street, strada polverosa e caotica dove le auto transitano suonando clacson per via del traffico, questo brutto edificio di medie dimensioni si confonde anonimo e cupo, schiacciato dal peso della storia degli ultimi tempi. Che poi è stata la sua fortuna. Il nome scelto non poteva essere più azzeccato considerando che la struttura comprata, pensata e ristrutturata personalmente da Banksy nel 2017 è a un paio di metri esatti dall'asfissiante barriera innalzata da Israele nel 2002 per bloccare i continui attacchi terroristici (calati in seguito del 90 per cento). Otto metri invalicabili sovrastati da rete e filo spinato con telecamere ovunque. Un panorama insolito che i clienti dell'albergo hanno il privilegio di contemplare da vicino, alloggiando nelle dieci stanze distribuite su tre piani. La suite presidenziale, tutta tappeti e ninnoli, offre lo spettacolo più impressionante ma non è proprio a buon mercato, visto il costo di 900 dollari a notte.
EMOZIONI
L'impatto emotivo per gli avventori è però qualcosa di indelebile. Esattamente quello che cercava il misterioso artista britannico (la cui identità resta sconosciuta ai più). Il numero uno al mondo della street art è riuscito a realizzare qualcosa di talmente potente da trasmettere a chi arriva cosa significa vivere murati. «Per noi quel muro equivale a una prigione; è stata una catastrofe», spiega Wisam Salsaa, palestinese, direttore dell'hotel. «Quando incontrai Banksy, diversi anni prima, non sapevo chi fosse. Il muro era appena stato costruito e l'artista era arrivato a Betlemme per realizzare le sue prime opere». Cominciavano già ad apparire alcuni dei murales storici sulle pareti scrostate degli edifici attorno, in poco tempo assurti a icone di pace nel mondo: la famosa colomba con il ramoscello d'ulivo provvista di giubbotto antiproiettile, la torretta militare trasformata per magia in una giostra sulla quale si divertono i bambini, il palestinese che al posto di una pietra lancia un fiore, oppure la guerra dei cuscini tra un soldato israeliano e un palestinese con le piume che volano attorno. L'idea di aprire un albergo è arrivata di pari passo alla fama dei murales. Col tempo i visitatori, dopo una sosta nella basilica della Natività (che dista un chilometro e mezzo), andavano a ricercare per strada le opere di Banksy. Volevano immortalarle con i telefonini, si facevano selfie postandoli sui social e contribuendo ad alimentare il flusso di turismo parallelo che andava a sovrapporsi a quello del luogo di nascita di Gesù.
IL TOUR
Dopo alcuni anni di importanti lavori l'hotel è stato inaugurato nel 2017 e da allora è diventato un punto di riferimento per artisti, cantanti, intellettuali, politici, pacifisti e filantropi provenienti da tutto il mondo, al punto che recentemente, per regolare le richieste, è stato introdotto un biglietto di ingresso che dà diritto a dare una sbirciata all'interno, tra le eleganti sale, prendere un aperitivo al piano bar o ammirare la pinacoteca di artisti palestinesi. Il tour termina con la visita al museo dedicato ovviamente alla storia della barriera. «Peccato non vengano messi in evidenza i numeri degli attacchi terroristici palestinesi che sono stati all'origine della radicale decisione del governo israeliano di proteggersi in questo modo. Anche in Israele vi furono molte polemiche perché nessun muro è bello, e quel muro avrebbe diviso famiglie, terreni agricoli, proprietà tuttavia a tanti anni di distanza è stato dimostrato che le infiltrazioni illegali sono diminuite quasi totalmente. Penso che ogni paese abbia diritto alla propria difesa» spiega Yossi Bar, corrispondente della Radio pubblica israeliana.
EDUCARE
Le povere case attigue all'hotel, alcune semi abbandonate, così come la strada angusta che racchiude il quadrante fanno da contrasto, quasi fastidioso, all'ambiente volutamente raffinato degli interni.
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Il Messaggero