Francia, fecero bere detersivo a una bimba di due anni: a giudizio il gestore del ristorante

Servirono a una bambina del detersivo anziché del succo di frutta: a giudizio oggi, davanti al tribunale penale di Saint-Nazaire, i...

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Servirono a una bambina del detersivo anziché del succo di frutta: a giudizio oggi, davanti al tribunale penale di Saint-Nazaire, i proprietari dell'hotel ristorante La Fontaine aux Bretons. Il fatto è successo più un anno e mezzo fa a Pornic nella Loira Atlantica, in Francia, e ha coinvolto una famiglia francese e la figlia di due anni. Oggi la giustizia si occuperà di stabilire le responsabilità penali di Pierre-Alexandre Gérard, il proprietario del locale, accusato di lesioni involontarie e di aver messo in pericolo la bambina.

Il fatto

Tutto comincia quando una coppia in vacanza ordina del succo d'uva per la figlia Elisabeth, che ha due anni. Qualche minuto dopo aver bevuto, la bimba si sente male e comincia a gridare. Immediatamente i genitori chiamano i soccorsi, che la trasferiscono all'ospedale di Nantes, dove viene ricoverata d'urgenza. La bambina finisce in coma farmacologico e si risveglia solo una settimana più tardi: purtroppo ha riportato danni permanenti. Le indagini hanno poi stabilito che l'incidente è stato causato da un'abitudine del personale che era solito trasferire in alcune boccette più piccole il detergente per lavare i bicchieri.

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Trovandosi in una tanica troppo pesante, i camerieri trasferivano parte del detersivo in boccette più maneggevoli per lavare i piatti con più comodità. Si trattava però delle stesse boccette dove veniva conservato il succo di frutta, che venivano poi riutilizzate una volta esaurite dai clienti: l'incidente fu dunque causato da uno scambio involontario. Le indagini hanno cercato di ricostruire la catena delle responsabilità, e dopo un'indagine interna il proprietario ha licenziato alcuni dipendenti. Che però non sono stati perseguiti dal tribunale di Saint-Nazaire. A tal proposito, la procura di Saint-Nazaire ha sottolineato che si trattò di «un mancato rispetto dell'obbligo di sicurezza e di formazione del datore di lavoro».

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Il Messaggero