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Si sono palesate infatti due vere e proprie tifoserie, l'una entusiasta e prevalente all'insegna di «Siamo arrivati. La Nigeria verso il mondo», e l'altra minoritaria ma non meno agguerrita che coinvolge «quanti hanno ipotizzato che l'inglese fosse questa perfetta, grandiosa, pura, inviolabile entità», ha detto lo scrittore e linguista nigeriano, la cui posizione è chiara: il ruolo di un dizionario non è tanto prescrivere alle persone come usare le parole, quanto descrivere come una lingua cambia e viene utilizzata.
Così altri esempi di parole tratte dal patrimonio linguistico nigeriano sono "okada", con cui si designa la motocicletta utilizzata come servizio taxi in Nigeria, "to chop", che equivale al verbo mangiare ma anche a quello di acquisire velocemente e facilmente ricchezze, spesso in modo disonesto, '"gist" come pettegolezzo, per esprimere qualità eccellente. In una concezione linguistica dinamica e quindi aperta all'evoluzione, trovano spazio parole che secondo i conservatori «imbastardiscono» una tradizione culturale a confronto con le ormai ex colonie, dal differente peso. La Nigeria è lo stato più popoloso dell'Africa con circa 200 milioni di abitanti e ha una delle economie principali del continente. In un mondo dalle distanze ridotte anche grazie all'uso della medesima lingua, è chiaro che l'inglese sia sempre più permeato di contributi dei Paesi da diversi decenni a più stretto contatto con esso. Le parole ufficializzate dall'Oxford English Dictionary, quindi, sono anche il frutto di un percorso storico. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero