Coronavirus: nuovi focolai in Cina, si teme seconda ondata

Coronavirus: nuovi focolai in Cina, si teme seconda ondata
Coronavirus Si teme una seconda ondata di contagi in Cina, il primo Paese al mondo a fare i conti con il coronavirus che lentamente prova a tornare alla normalità. Negli...

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Coronavirus Si teme una seconda ondata di contagi in Cina, il primo Paese al mondo a fare i conti con il coronavirus che lentamente prova a tornare alla normalità. Negli ultimi due giorni, le autorità sanitarie hanno segnalato diversi nuovi casi di Covid-19, alimentando i timori - scrive il Global Times - di una seconda ondata nel gigante asiatico che è «riuscito a mettere sotto controllo l'epidemia in tre mesi di duro lavoro».


Per gli esperti cinesi - sottolinea lo stesso giornale, costola del Quotidiano del Popolo, megafono del Partito comunista cinese - grappolì di casi (cluster) a Wuhan, nella provincia di Hubei, e a Shulan, nella provincia di Jilin, sono «casi sporadici e non implicano necessariamente una seconda ondata». Da ieri a Wuhan sono stati segnalati sei nuovi casi di Covid-19, tutti in precedenza considerati asintomatici, tutti nella stessa comunità, il quartiere di Sanmin, nel distretto di Dongxihu, che - scrive ancora il giornale - ha alzato oggi il livello di allerta da «basso» a «medio». Stamani è stato silurato il capo del distretto, Zhang Yuxin. E da oggi a Shulan è allerta massima dopo la conferma di 13 nuovi casi, tutti probabilmente legati a una 45enne della città. Qui ieri, scrive il giornale, sono arrivati esperti ed epidemiologi della Commissione sanitaria nazionale e del Centro di controllo e prevenzione delle malattie e la città, non lontana dal confine con la Corea del Nord, è in lockdown: stop ai trasporti pubblici, scuole e ristoranti chiusi.

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«Questi casi non significano certamente una seconda ondata - ha detto al Global Times il numero due della Scuola di Sanità Pubblica dell'Università di Pechino, Wang Peiyu - Alla luce della complessità della Covid-19, che ha un periodo di incubazione poco chiaro e spesso senza sintomi, sono abbastanza normali casi sporadici come questi». E nelle zone con casi «sporadici», ha sostenuto, non è necessario un «totale lockdown» come quello di gennaio a Wuhan, ma bisogna continuare a lavorare sulla prevenzione, con il controllo della temperatura e il tracciamento dei contatti avuti dai pazienti.

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Per Jin Dongyan, docente della Scuola di Scienze biomediche dell'Università di Hong Kong, casi «sporadici» potrebbero continuare a registrarsi in Cina per anni e anche per lui «questo non significa una seconda ondata», anche se non bisogna abbassare la guardia. «Si può parlare di seconda ondata - ha avvertito in dichiarazioni al giornale - qualora dovesse esserci un'epidemia tanto grave come quella che c'è stata a Wuhan». Dall'inizio dell'emergenza sanitaria la Cina ha confermato 4.633 decessi e 82.918 contagi (esclusi i soggetti asintomatici), con ben 50.339 casi e 3.869 morti a Wuhan.

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Il Messaggero