L'emergenza coronavirus ha fatto passare in secondo piano l'attenzione ai cambiamenti climatici, che hanno tempi più lunghi rispetto a quelli di una pandemia, ma il...
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«Dopo un inverno poco nevoso, stiamo vivendo una primavera fortemente anticipata. Negli anni gli effetti di questi fenomeni si sommano e allora sì che diventano ben visibili», spiega Claudia Notarnicola, vicedirettrice dell'Istituto per l'osservazione della Terra di Eurac Research e autrice dello studio. L'analisi di quasi vent'anni di immagini satellitari in alta risoluzione, misure a terra e modelli di simulazione mostra un quadro preoccupante soprattutto in alta quota. Sopra i 4.000 metri, infatti, tutti i parametri osservati, sono in peggioramento. Negli ultimi anni le aree montane hanno destato molta attenzione perché sono considerate sentinelle dei cambiamenti climatici; a partire dai 1500-2000 metri l'aumento della temperatura è raddoppiato rispetto alla media generale e cresce con l'altitudine. Una mappa globale dell'andamento della neve negli ultimi vent'anni, come quella elaborata da Eurac Research, offre un quadro della situazione permettendo di confrontare quanto avviene in aree diverse del mondo.
«Nel 78% delle aree osservate la neve è in calo - osserva Notarnicola - la durata della neve, inoltre, è variabile e questo dipende più dalla fusione precoce in primavera che non dal fatto che la prima neve cada solo ad inverno avanzato.
Il Messaggero