Brexit, ultimatum Ue: 12 giorni per il piano o è tutto finito. Ma Boris Johnson tira dritto

Boris Johnson respinge l'ultimatum della Ue sulla Brexit. Il premier finlandese Antti Rinne, che ricopre la presidenza di turno dell'Unione europea, ha avvertito che...

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Boris Johnson respinge l'ultimatum della Ue sulla Brexit. Il premier finlandese Antti Rinne, che ricopre la presidenza di turno dell'Unione europea, ha avvertito che Johnson ha 12 giorni di tempo, cioè fino alla fine di settembre, per presentare una proposta scritta, altrimenti «è tutto finito»,  aggiungendo di aver concordato questa linea con il presidente francese Emmanuel Macron. Il premier britannico, però, respinge «la scadenza artificiale» del 30 settembre, fa sapere un portavoce, precisando che Johnson non intende accettare ultimatum e continua a guardare al Consiglio Europeo del 17-18 ottobre come il termine ultimo per un'intesa. Intesa di divorzio che per Londra dovrebbe essere senza backstop. Il premier insiste poi che il 31 ottobre il Regno uscirà comunque.


Brexit: Juncker, il rischio di un no deal è reale

Johnson aveva già dichiarato in precedenza di ritenere che il vertice dell'Unione europea del prossimo 17 ottobre fosse il momento e il luogo appropriati per trovare un accordo per un accordo di divorzio consensuale e ordinato con Bruxelles, ma di essere pronto a portare il Regno Unito fuori dall'Unione alla scadenza del 31 ottobre, anche a costo di un 'no deal'. Il premier britannico afferma che i colloqui con l'Ue stanno facendo progressi e che il Regno Unito avrebbe presentato delle proposte di valida alternativa alla clausola del 'backstop' per l'Irlanda del Nord, che il governo di Londra ritiene inaccettabile.

Il governo Johnson ha inviato «una serie di proposte tecniche confidenziali» all'Ue sulle possibili alternative al contestato backstop sul confine aperto irlandese per raggiungere un accordo sulla Brexit, rende noto Downing Street, confermando quanto annunciato da Bruxelles, ma precisando che si tratta di bozze («non-papers»). In precedenza un portavoce Ue aveva parlato invece di «documenti».
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Il Messaggero