E' stato il magistrato simbolo della "mani pulite" versione brasiliana, il Di Pietro sudamericano che dalla sua roccaforte di Curitiba è riuscito a condannare...
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Ha evitato i cronisti mentre viaggiava di ritorno nella sua Curitiba. Nella nota, il giudice ha segnalato che gli costa abbandonare la sua carriera «dopo 22 anni nella magistratura», ma «la prospettiva di poter implementare una forte agenda anti-corruzione e contro la criminalità organizzata, nel rispetto della Costituzione, la legge e i diritti, mi ha portato a prendere questa decisione». Moro ha precisato che l'inchiesta anticorruzione che coordinava, nota come Lava Jato, «andrà avanti da Curitiba, grazie al valido lavoro dei giudici locali», ma «per evitare polemiche inutili», ha deciso di escludersi da nuove udienze relative ai casi in svolgimento.
Nei giorni scorsi Sergio Moro si era detto «onorato» dalla proposta fattagli in alcune interviste televisive da Bolsonaro di assumere la carica di ministro della Giustizia nel suo governo, anche se non aveva fatto sapere se avrebbe accettato o meno. Ora ha detto sì. La proposta è stata «oggetto di una ponderata riflessione» da parte sua. Il giudice ha quindi verificato che ci cono «convergenze importanti e divergenze irrilevanti» con il prossimo governo. È stato Moro che ha condannato l'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva a 9 anni per corruzione e riciclaggio nel luglio del 2017 - sentenza poi aggravata a 12 anni in secondo grado - e il magistrato deve ancora chiudere due altri processi contro l'ex presidente. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero