Dopo due anni di domande senza risposta e di sensi di colpa, adesso i genitori di Clayton Hague-Winterbottom, 11 anni, sanno che non avrebbero potuto far nulla per salvarlo. La...
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Studente colto da malore a scuola muore in ospedale, aperta un'inchiesta
A sbagliare la diagnosi è stata la dottoressa Rida Fatima, che si era appena laureata in medicina: non si è accorta che il cuore del piccolo si era ingrossato e lo ha rispedito a casa. Dalla relazione del consulente medico è emerso che se la dottoressa avesse correttamente notato il cuore ingrossato, il piccolo sarebbe stato trattato in modo diverso e probabilmente sarebbe sopravvissuto. Il consulente ha definito il trattamento della dottoressa Fatima come “inadeguato”, aggiungendo che la "diagnostica di routine" non è stata eseguita.
Durante l’udienza, Fatima, in lacrime, ha dichiarato: «Posso solo scusarmi per non aver notato le condizioni del cuore. Mi dispiace così tanto. La mia conclusione è stata che Clayton probabilmente aveva un'infezione toracica in corso. Non ho guardato in modo specifico il cuore, ma i suoi polmoni. La sua respirazione era normale e non faticava a respirare. Uno dei genitori era preoccupato perché le sue gambe si erano gonfiate, ma ho pensato che, essendo su una sedia a rotelle, potesse essere normale. È stato uno choc sapere che 40 ore dopo è morto».
Il dottor Nicola Penrose, consulente in medicina d'urgenza e supervisore della dottoressa Fatima, ha dichiarato: «I problemi cardiaci sono molto rari in un bambino senza precedenti di anamnesi e non sembra che avesse avuto precedenti problemi noti al cuore. La polmonite e l'infezione al torace sono state trattate correttamente, ma la dottoressa non si è accorta dell’ingrossamento al cuore ai raggi X e ha sottovalutato il gonfiore alle gambe».
Il padre di Clayton, John Winterbottom, ha detto: «Se non fossimo stati convinti di ciò che la dottoressa ci stava dicendo, avremmo potuto vedere qualche altro medico. Ma quaranta ore dopo Clayton è morto tra le mie braccia. Dovremo convivere con quell’immagine per tutta la vita. È davvero brutto, ci sentiamo in colpa tutti i giorni».
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Il Messaggero