Sfidando rischi di boicottaggio e le sue sofisticate clienti, Louis Vuitton scommette sull'America di Donald Trump. Il capo della Casa Bianca in persona è intervenuto...
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LVMH non conosce crisi: vendite in aumento nel 3° trimestre
La fabbrica in Texas ha creato finora 150 posti di lavoro per americani, che dovrebbero salire a mille nell'arco di cinque anni. Per Vuitton è il terzo negli Usa ma è il primo allineato con l'iniziativa dell'amministrazione «Pledge to America Workers» tesa a mostrare quanto il governo federale faccia per dare lavoro all'americano medio. Per LVMH, il primo grande gruppo di moda che si allinea con la presidenza Trump, la mossa presenta rischi e prospettive, entrambi legati all'esito delle presidenziali del 2020. Fanno parte della scuderia LVMH una sessantina di sussidiarie che a loro volta gestiscono numerosi altri brand: dall'alta gamma di Dior, Givenchy, Fendi, Bulgari, Marc Jacobs a catene come Sephora all'ultima «nata» Fenty della cantante Rihanna, spesso critica del presidente.
Il sodalizio Vuitton-Trump porterà al boicottaggio di testimonial e consumatori? C'è poi il pericolo che le borse «LV» assemblate in Texas e con l'etichetta «Made in the Usa» facciano arricciare il naso alle clienti americane, abituate ad apprezzare e pagare l'opera delle «petit mains» degli atelier parigini. Arnault, la cui amicizia con Trump è di vecchia data e che nel 2017 fu uno dei primi a incontrarlo alla Trump Tower prima dell'insediamento, ha accettato la sfida: «Siamo onorati di aver con noi qui il presidente degli Stati Uniti. Sono un uomo d'affari, non un politico. Gli dico cosa penso serva all'economia in America ed è quel che stiamo facendo nella Johnson County». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero