L'Haute Couture, per chi ci crede ancora, è una liturgia. Che si celebra sull'altare della moda e fa dei vizi capitali sacre ossessioni da pregare in silenzio. In...
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Dai dipinti secenteschi dei santi del pittore spagnolo Francisco de Zurbaràn, vestiti regalmente nei quadri con indumenti quasi irreali, Piccioli porta in scena cappucci che velano, broccati, linee ridotte in un'essenzialità "piena di grazia", forme che evocano la semplificazione ieratica dell'abito. Questa collezione non è solo un intreccio tra sacro e profano. Va oltre, trasforma il vizio assoluto in divinità, le fa parlare attraverso gli accessori dando voce a riti ripetuti, gesti, iconografie e simboli di una spiritualità idolatrata. Come dovrebbe essere per l'Haute Couture e per l'attenzione che si cela dietro ogni singola lavorazione sartoriale. Creazioni che Piccioli ha battezzato con i nomi dei santi e dei martiri, borse che riproducono teste di animali quasi a spezzare l'idea di una religione monoteista, perché l'alta moda non osanna un solo dio. I vizi capitali diventano borse minaudière realizzate in collaborazione con l'artista Harumi Klossowska de Rola e per ciascun vizio un animale a simboleggiare il legame tra l'essere umano e la natura.
Segni che si indossano e lanciano un messaggio, trasformandone poi il significato da negativo in positivo. La superbia del ghepardo nell'antico Egitto si accostava alla regalità, la pigrizia del leone è giustizia, l'avarizia del gufo è la capacità di guardare al di là dell'inganno, l'ira del bue simboleggia la resurrezione e la purificazione. La scimmia è il peccato di gola ma nella cultura nipponica è simbolo di saggezza e felicità. Infine il lussurioso serpente, che diventa icona di guarigione e protezione, e il teschio monito della vanagloria. Materiali trattati e corrosi in oggetti che rappresentano lo sforzo continuo dell'uomo verso la ricerca di un miglioramento interiore e karmico. In cui il vizio lascerà il passo alla virtù, di cui l'Haute Couture è portavoce con il vangelo della bellezza. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero