PARIGI - Un cilindro perfetto, bianco, con le pareti completamente ricoperte di orchidee e le sedute, nere, disposte in file ordinate lungo tutto il suo perimetro: questo è lo...
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Non solo minimalismo per il direttore creativo Raf Simons che, interpretando diversi momenti della storia del costume, veste la donna di un’eleganza fuori dal tempo. Abiti su cui si allargano, scultorei, i paniers del XVIII secolo, si alternano a gonne a ruota - iconiche per la maison - anni ’50.
E ancora morbide tute anni ’20, indossate con la sicurezza dei ’70, omaggiano la libertà del corpo che, immediatamente, torna a nascondersi sotto cappotti scuri e dai colletti ampi e abbassati, in stile vittoriano.
Torna la pelliccia lunga fino a terra e si ritrova a fianco di camice rigide, steccate e su cui spiccano pettorine ricamate di fine XVII secolo, tessuti tecnici con cerniere a vista, jersey e tronchetti in pelle colorata e con tacco a spillo.
Un grande mix in cui dominano tessuti chiari per gli abiti e con stampe floreali, di gusto biedermeier, e scuri per i soprabiti. Viste le gonne a più strati, viste le sottostrutture, i guanti e le cinture in vita. Capelli sciolti, lisci e lunghi fin sulle spalle, make up leggero, quasi trascurato.
Un occhio inesperto direbbe che Simons, per non scontentare nessuno, le abbia provate tutte. Il filo conduttore, più che la ricerca storica, sembra quella geometrica: lo studio sulla struttura di abiti e tessuti ha permesso al creativo belga di costruire una collezione ordinata, più aderente di quanto sembri allo stile originario di Dior e sottilmente fuori dalle tendenze. Chapeau! Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero