Quando Palma Bucarelli aprì il museo Boncompagni Ludovisi ai gioielli

Quando Palma Bucarelli aprì il museo Boncompagni Ludovisi ai gioielli
«Le tue parole inciampano nella mia estasi». È una filosofia precisa che della pittura fa scrittura quella che Gastone Novelli incide sulla...

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«Le tue parole inciampano nella mia estasi». È una filosofia precisa che della pittura fa scrittura quella che Gastone Novelli incide sulla “goccia”, con cui impreziosisce gli occhiali (senza lente) in oro giallo martellinato, realizzati nel 1966, esposti al Museo Boncompagni Ludovisi. Quel pendente - orecchino per definizione e forse inconsciamente emozionata lacrima – è uno dei dettagli preziosi, nella duplice accezione del termine, dei gioielli appartenuti a Palma Bucarelli esposti nel percorso del museo. 


LE OPERE
Una collezione ampia che, tra collane e bracciali, spaziando da Umberto Mastroianni ad Afro , illustra un preciso modo di intendere l’arte e anche ciò che attiene al mondo dello stile, tra moda e oreficeria. Storica direttrice e sovrintendente, dal 1942 al 1975, della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, a Roma, Palma Bucarelli infatti riteneva che la moda meritasse uno spazio nei musei. «Nell’arte moderna il gioiello ha un significato nuovo, non è soltanto un ornamento con un senso naturalistico e allegorico, ma il mezzo con cui si pone l’opera d’arte in contatto diretto, fisico, con la persona. Si trova così, su un altro piano, il valore dedicatorio e quasi rituale che il gioiello ha avuto nelle società primitive», scrisse nella guida della Galleria del 1973. 


Una visione in anticipo sui tempi, che la portò a ospitare sfilate negli spazi museali, ma anche a dover affrontare critiche e polemiche. In Italia, nel 1961, le fu impedito, con un’interpellanza parlamentare, di affiancare una sfilata a una mostra di arte. Quella visione, portata avanti con stile e fermezza, è ampiamente documentata anche dal suo guardaroba – un centinaio di pezzi tra abiti e accessori – e dai suoi gioielli e bijou, acquisiti a partire dal 2010 e ancora alla fine dello scorso anno, quando sono entrati nella collezione museale anche un pendente di Lorenzo Guerrini del 1966, una collana e un anello del 1970 di Umberto Mastroianni e gli occhiali con orecchino di Novelli. 
Una questione di stile e, appunto, di arte. D’altronde, sono molti gli artisti che, nel tempo, hanno sperimentato l’oreficeria come forma espressiva, da Salvador Dalí a Pablo Picasso, da Man Ray a Giorgio De Chirico. Nel look di Palma Bucarelli, bracciali disegnati da Afro, spille e monili di Mastroianni, e molto ancora. 


LA FILOSOFIA 


«Piccole sculture da indossare». come amava definirle, che narrano il gusto di un’epoca. E non solo. Sì perché i gioielli raccontano temperamento e personalità di chi li indossa. Spesso, momenti della vita. Così, sempre al museo, nei ritratti di Alice Blanceflor Bildt Boncompagni Ludovisi e Alexandra Keiller, eseguiti rispettivamente da Philip de László e Christian Meyer Ross, a farsi segno dei matrimoni sono un solitario e una spilla di diamanti. Simboli preziosi che parlano di personalità, storia, canoni di gusto e desideri.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero