La rivoluzione della moda anni Cinquanta al Palais Galliera di Parigi

Modelli da sera ph Pierre Antoine
PARIGI - Corsetti, sottovesti, gonne a ruota, stampe a righe o floreali in colori vivaci, vestiti a "matita" e vitino di vespa, abiti senza spalline, guaine, mise da cocktail,...

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PARIGI - Corsetti, sottovesti, gonne a ruota, stampe a righe o floreali in colori vivaci, vestiti a "matita" e vitino di vespa, abiti senza spalline, guaine, mise da cocktail, ricami in cristallo di rocca. Questi (e allo stesso tempo una moda rilassata fatta di maglioncini e jeans che lasciano la caviglia scoperta), sono gli anni Cinquanta per il mondo dell'abbigliamento in mostra al Palais Galliera di Parigi fino al 2 novembre 2014.




Christian Dior lancia nel 1947 la prima collezione della sua casa di moda: la guerra è finita e le donne si allontanano dall'immagine delle combattenti, appaiono chic e femminili, con fiori appuntati sul petto e i fianchi sottolineati.



Immediatamente Carmel Snow, direttore di Harper 's Bazaar, battezza questa collezione "New Look". La silhouette "a clessidra" ha un enorme successo e diviene l'emblema del decennio successivo.



Gli altri stili concorrenti sono ugualmente entusiasmanti: c'è la linea Balenciaga, ricca di ardore spagnalo, in cui il volume della gonna svasata aumenta nella parte posteriore, ma anche il tailleur di Chanel che nel 1954 libera la donna da corsetti e le regala un nuovo rigore.



Questi anni Cinquanta sono cruciali per l'haute couture francese indebolita dalla crisi del 1929 e dalla guerra, che rinasce per diventare eterna grazie ai nomi delle maison che si stabiliscono a Parigi per entrare a far parte poi patrimonio nazionale: Jacques Heim, Chanel, Schiaparelli, Balenciaga, Jacques Fath tra i "padri".



Pierre Balmain, Christian Dior, Jacques Griffe, Hubert de Givenchy e Pierre Cardin sono invece gli "emergenti". Dalle collezioni del Palais Galliera in mostra tra i 100 modelli e accessori de "Les annéès 50" anche pezzi eccezionali di stiliste un tempo celebri e ora ingiustamente dimenticati come Jean Dessès, Madeleine Vramant e Lola Prusac. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero