A Palazzo Pitti il restauro del manto di Donna Florio, protagonista della Belle Époque

Il manto di Donna Florio
FIRENZE - Trova la sua naturale collocazione nell'elegante sala da ballo della Galleria del Costume di Palazzo Pitti la mostra "Il manto di corte di Donna Franca Florio",...

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FIRENZE - Trova la sua naturale collocazione nell'elegante sala da ballo della Galleria del Costume di Palazzo Pitti la mostra "Il manto di corte di Donna Franca Florio", curata da Caterina Chiarelli e Simona Fulceri.










Visibile (salvo proroghe) fino alla fine di luglio, l'esposizione presenta il restauro di un sontuoso manto di corte in raso avorio realizzato nel 1902 presumibilmente dalla Maison Worth di Parigi per Donna Franca Florio, che in quell'anno era stata eletta dama di corte della regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III.



«Attraverso il manto è un intero spaccato della storia novecentesca d'Europa che si rivela: le corti monarchiche, i grandi sarti parigini - spiega Cristina Acidini, Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino -. Con la Prima guerra mondiale ancora lontana, l'alta società d'Italia si concedeva al fasto della Belle Époque».



Donna Florio, figura protagonista della vita elegante e mondana a cavallo del secolo, come tale è attualmente rappresentata anche nella selezione espositiva biennale di Palazzo Pitti "Donne protagoniste nel Novecento", con due splendidi suoi capi (un ulteriore manto di corte in velluto blu guarnito da cordoncino dorato con nodi Savoia, e l'abito in velluto nero con cui la ritrasse Boldini), collocati nella sala attigua a quella da ballo.



Affiancano il manto due splendidi abiti da gran sera, entrambi usciti dalla Maison Worth di Parigi, uno dei quali presenta molte affinità con il pezzo principale dell'esposizione.



Ciascuno dei tre capi ha richiesto una diversa tipologia di procedimento di restauro: il manto e l'abito in raso si presentavano danneggiati a causa dell'intervento di carica della seta che con il tempo prosciuga le fibre e su cui si è intervenuti, in parte come nel manto, procedendo ad ago, mentre si è cercato di riattivare vecchie adesivazioni che interessavano l'abito.



Il terzo capo, in tulle ricamato ad applicazione di perline in vetro soffiato, è stato in passato consolidato ad ago, fissando il tulle originale entro due strati a sandwich di tulle moderno. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero