Moda e contraffazione, i microchip nelle scarpe la difesa di Ferragamo

Moda e contraffazione, i microchip nelle scarpe la difesa di Ferragamo
Se il “business” della contraffazione vale, secondo l'Ocse, 407 miliardi di euro e riguarda il 2,5% delle merci importate a livello mondiale, in Italia non...

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Se il “business” della contraffazione vale, secondo l'Ocse, 407 miliardi di euro e riguarda il 2,5% delle merci importate a livello mondiale, in Italia non c'è da stare tranquilli. Le aziende del Belpaese sono tra le più colpite, al secondo posto per sequestri di merce contraffatta (il 15%), e le prime tre categorie nell'occhio del ciclone sono, nell'ordine, calzature, abbigliamento e pelletteria. Un dato che non sorprende considerata la posizione dell'Italia tra i paesi leader nei settori della moda e lusso. Il rovescio della medaglia è che i marchi tricolore devono attrezzarsi per far fronte al mercato del falso, che, se per alcuni costituisce una pubblicità gratuita, viene considerato dalla maggior parte dei brand una minaccia in continua espansione. E nell'epoca dell'informatica e delle app, la sicurezza passa attraverso la tecnologia con la messa in campo dell'Rfid, sistema a radio frequenze che crea un vero e proprio “Dna digitale” per ogni capo, rendendolo di fatto unico.


LA RISPOSTA
Il più ”creativo” tra i marchi italiani nella battaglia ai prodotti contraffatti è Salvatore Ferragamo, il quale ha recentemente tirato fuori l'artiglieria pesante inserendo nelle scarpe un microchip che permette di controllare i prodotti. Una soluzione che sembra degna di James Bond ma che in realtà è utilizzata da molti negozi per la gestione del magazzino.

E se secondo Confartigianato i beni contraffatti sequestrati nel Belpaese hanno toccato tra il 2008 e il 2014 i 337 milioni, uno dei metodi più diffusi per la lotta alle imitazioni viene proprio dall'Italia. Certilogo, progetto nato nel 2006, permette uno scambio continuo di informazioni tra produttore e cliente in funzione anti contraffazione: su ogni etichetta viene stampato un codice Qr unico con luogo di produzione e distribuzione. In questo modo l'acquirente può verificarne l'autenticità semplicemente collegandosi a internet e inserendo posizione e negozio. Un sistema semplice e veloce, utilizzato da brand italiani come Versace, Moschino o Blumarine. Nel 2015 sono state 160mila le autenticazioni verificate: nell'8% dei casi di falso scoperti i clienti hanno potuto chiedere il rimborso e le aziende ottenere informazioni fondamentali per combattere le imitazioni. Ma nel fitto e difficile mondo dei prodotti contraffatti c'è anche chi preferisce la ”vecchia maniera”: la Diesel di Renzo Rosso, ad esempio, ha passato al setaccio la rete di distribuzione eliminando tutto ciò che non veniva considerato affidabile. Risultato? Oltre tremila siti che rivendevano jeans falsi chiusi nel 2014.
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Il Messaggero