Un tuffo nella creatività a tutto look quello che si può fare a Venezia visitando la mostra "Epoca Fiorucci" appena inaugurata alla Galleria internazionale...
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Per Elio, il prodotto creato rappresentava uno strumento per andare oltre. Come sostiene Aldo Colonnetti «Fiorucci è stato una sorta di Marcel Duchamp non solo della moda ma, si potrebbe dire, nel modo di disegnare le cose, gli spazi, le relazioni tra l’oggetto e la persona». E come lui stesso scriveva «per cercare idee nuove e progettare, è necessario guardare gli altri, andare al di là delle apparenze, leggere tra le righe dei linguaggi, non solo della moda, ma soprattutto della vita quotidiana. Moda per me significa i diversi modi di vivere il proprio corpo, le proprie abitudini, così che ciascuno sia in grado di essere se stesso».
Poi c’era la passione per l’arte e l’architettura contemporanea, che lo portò a circondarsi di architetti e artisti innovatori come lui da Sottsass a Mendini, da Branzi a De Lucchi, accanto a grandi nomi come Andy Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat a cui non chiedeva opere ma contributi creativi per rappresentare e comunicare capi d'abbigliamento e accessori intesi non come oggetti inanimati ma vere e proprie estensioni dell'identità di una persona. Ed è questo che vuole trasmettere l'esposizione veneziana curata da Gabriella Belli e Aldo Colonnetti, con Elisabetta Barisoni e la collaborazione di Floria Fiorucci e dell'archivio Fiorucci. Ovvero narrare l’avventura di un grande creatore di tendenze. In mostra nelle sale affacciate sul Canal Grande una girandola di abiti, foto, opere che, in un allestimento coloratissimo, fluorescente come è sempre stata tutta la produzione carica d'energia di Fiorucci, raccontano la rivoluzione del costume fra rock, ragazze yè-yè, figli dei fiori e un'opposizione visibile al gusto borghese. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero