L'élite della moda nell'occhio del ciclone Black Lives Matter: il movimento avviato dopo la morte di George Floyd non accenna a fermarsi e niente e nessuno sembra...
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Black lives Matter, anche il mondo della moda si mobilita contro il razzismo
È stato Diet Prada, l'account più temuto del settore, a raccogliere storie di ordinaria discriminazione avvenute proprio tra le quattro mura di Vogue: storie di stipendi al ribasso, orari di lavoro infiniti, nepotismo, bullismo da parte dei colleghi bianchi e molto altro. Shelby Ivey Christie, media planner a Vogue nel 2016, ha definito il suo impiego nella rivista più importante del settore «la più impegnativa e squallida della vita», tanto per dirne una.
E la super direttrice è stata costretta a fare mea culpa con una lettera interna divulgata da Page Six: «Mi rivolgo specialmente ai membri neri del nostro team. Posso solo immaginare cosa stiate passando in questi giorni (...) Voglio dire in maniera chiara - ha scritto - che so che Vogue non ha fatto abbastanza per promuovere e dare spazio a giornalisti, scrittori, fotografi, designer e creativi neri. Noi stessi abbiamo fatto degli errori pubblicando immagini o storie che possono essere risultate dolorose o intolleranti. Mi prendo la piena responsabilità di questi errori». Un dietrofront in piena regola: necessario se si pensa che, come scrive The Cut, in tutta la storia della rivista solo un fotografo nero è stato l'autore di una copertina, e sono solo 21 le donne nere che vi sono state ritratte. Il lasso di tempo ci cui parliamo? 127 anni.
A "rimediare" ci stanno pensando i social con l'hashtag #Voguechallenge: così Twitter e Instagram immaginano le copertine che sarebbero potute essere. Qualcuno si lancia su un ipotetico Vogue Africa, magazine che per il momento non esiste ma di cui si parla da tempo. Basterà? Sembra di no visto che un altro grande nome del fashion system è stata travolta dalle polemiche e obbligata a fare un passo indietro che nessuno si aspettava: Leandra Medine, creatrice dello storico blog Man Repeller, è finita nel mirino del #Blm per aver licenziato due impiegati di colore all'inizio della pandemia. E dopo un momento di riflessione, ha ammesso di aver sbagliato e lasciato le redini del sito da milioni di clic al suo staff. Una conquista arriva invece dalle parti di Harper's Bazaar: la giornalista di origini libanesi e di Trinidad Samira Nasr è stata nominata nuova direttrice. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero