Armani e il design d'interni, lo stilista si sfoga: meritavo più attenzione

Armani e il design d'interni, lo stilista si sfoga: meritavo più attenzione
«Quasi nessuno ha parlato del mio interior design, forse meritavo più attenzione». E' deluso Giorgio Armani. E lo dice senza mezzi termini presentando la mostra dei suoi...

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«Quasi nessuno ha parlato del mio interior design, forse meritavo più attenzione». E' deluso Giorgio Armani. E lo dice senza mezzi termini presentando la mostra dei suoi lavori come architetto d'interni, allestita nel teatro di via Bergognone, a fianco della presentazione della nuova collezione Armani/casa.




«Si dice che Armani ha fatto un albergo, ma non si scende mai nei dettagli come si fa invece per i progetti fatti da chi non è uno stilista, in questo senso - afferma Armani - lo stilismo è un deterrente, ma io credo di aver sconfessato questo discorso: l'impegno c'è ed è importante, Armani Casa va al di là della boutique». E lo si capisce varcando la soglia della grande stanza foderata di fogli da disegno e di schizzi dello stesso Armani, delimitata da tavoli da architetto, dove una serie di totem multimediali illustrano gli interventi di interni elaborati dall'Armani/Casa Interior Design Studio di Armani, dalle Macka residences di Istanbul alla Century Spire disegnata da Libeskind a Manila, dall'ultima realizzazione, la Queen's Gate Place di Londra, all'edificio più alto del mondo, il celebre grattacielo di Dubai Burj Khalifa da cui nel 2004 iniziò l'avventura di Armani nel design.



«Nessuno immagina che io abbia fatto tutto questo e invece - sottolinea lo stilista - ci stiamo lavorando molto, devo anche rinunciare a qualche progetto e fare i conti con l'età, poi dovrò per forza creare uno staff di persone cui delegare». Per il momento, però, sono già pronti i progetti per un residence a Miami e per un nuovo edificio di Tel Aviv, che dovrebbe essere completato nel 2018, e in questi giorni «stiamo definendo i dettagli della realizzazione - anticipa Armani - di un enorme resort su un'isola cinese».



Intanto a Milano, proprio di fronte al teatro di via Bergognone, sono quasi finiti i lavori per il Silos che sarà aperto il 30 aprile con un grande evento che farà da inaugurazione a Expo, di cui Armani è ambasciatore. Per l'ex magazzino della Nestlè, Armani si è ritagliato il non facile ruolo di architetto: «È un edificio razionalista, c'erano obblighi particolari come non procedere a demolizioni o ad aperture di finestre e abbiamo cercato di adattarci a queste esigenze». Dietro al Silos «ci sono altre palazzine che non sono ancora finite, è diventato un intero quartiere, il quartiere Armani... con 40 anni di carriera - scherza - me lo posso permettere».



I 500 ospiti internazionali che arriveranno in via Bergognone la sera del 30 aprile, sui cui nomi vige il più stretto riserbo della maison, che non nega però di aver invitato il premier Renzi, troveranno il Silos allestito con una mostra antologica di 800 capi creati da Armani. Dopo la visita al nuovo museo, il teatro ospiterà «una sfilata speciale» delle collezioni Armani, a partire da quella di alta moda vista in passerella a Parigi. Non ci sarà invece spazio per la mostra sui progetti di interior design, che potrebbe essere ospitata nel negozio Armani/Casa di via Sant'Andrea, dove troveranno posto anche i mobili della nuova collezione, presentata oggi.



«Ho scelto di fare mobili rassicuranti e durevoli, che possano invecchiare bene - spiega Armani - non da buttare dopo un paio d'anni». A questa attitudine non effimera, Armani ha aggiunto una sottile vena orientaleggiante: le lampade con lanterne hanno una vaga ispirazione giapponese, la stessa dei fregi a motivi animali dei paraventi, mentre alcuni grafismi richiamano la Cina, citata anche dalla linea delle poltroncine laccate e dalla lacca rossa che riveste l'interno del mobile bar in legno lavorato a cesto. Tra letti trapuntati in cannetè e divani verde giada, lunghi tavoli da pranzo in noce e lampade in vetro di Murano, spicca la scelta di presentare tre scrivanie: «Qui il pc non c'è perchè non parliamo e non scriviamo più, lo scrittoio - conclude Armani - è un invito a pensare, a raccogliersi e concentrarsi».
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Il Messaggero