«I dati sulla violenza contro le donne ci dicono che il fenomeno è devastante, che siamo di fronte ad un'emergenza sociale. Dall'altra parte è...
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«Chi esercita violenza, chiariamolo subito, non è da considerare uomo». E poi sulla legge del “Codice rosso”, entrata in vigore lo scorso luglio e che prevede percorsi più veloci per le denunce di violenza. «Nel momento in cui una donna denuncia, l'agente deve immediatamente informare l'autorità giudiziaria che entro 3 giorni deve sentire la donna. Lo Stato dice che l'urgenza c'è sempre, per legge. Le critiche al Codice Rosso vertono sul fatto che tante Procure stano avendo difficoltà con questi tempi. Lo so. Mi rendo conto. Cercheremo di investire ancora più risorse sulle Procure e le forze dell'ordine, ma era una cosa da fare».
Ma la violenza sulle donne non si combatte solo nelle aule di giustizia, per il ministro. «Va combattuta anche sul web, strumento che può generare solitudine. «Le leggi non bastano. Bisogna lavorare sugli strumenti tecnologici, ad esempio attraverso Google e Facebook. L'isolamento della donna e la tendenza a voler proteggere il contesto, quasi sempre familiare, in cui la violenza viene esercitata sono due costanti».
Violenza sulle donne, per il 24% la causa è il modo di vestire. E il 13% ritiene normali gli schiaffi
Bisogna riflettere, aggiunge Bonafede, sui dati diffusi ieri dall'Istat secondo cui il 25% degli italiani pensa che la violenza sessuale possa essere addebitabile al modo di vestire delle donne e il 40% ritiene che sia possibile sottrarsi ad un rapporto sessuale non voluto. «Nei contesti in cui c'è mafia, può esserci un muro di omertà ma c'è consapevolezza. Sulla violenza sulle donne non c'è consapevolezza sociale. Perché? Perché il primo problema da affrontare è l'isolamento delle donne», ha aggiunto. «Questo senso di solitudine è il punto di partenza per lo Stato per abbattere i muri non solo fisici ma anche psicologici. Per abbattere il senso colpa che viene indotto dalla società. I dati Istat ci consegnano la foto di una società cinica capace di guardare con sospetto le donne vittime di violenza».
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Il Messaggero