Valeria Grasso, la testimone di giustizia che si è ribellata alla mafia e ha permesso l'arresto di numerosi membri di un clan in Sicilia, è di nuovo sotto...
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Storie Italiane, revocata scorta a imprenditrice che denunciò la mafia: «Ho paura per i miei figli». Prefetto: «Valuteremo»
Lo scorso 23 novembre la donna che ha testimoniato contro il clan Madonia aveva ricevuto la comunicazione della revoca del servizio di protezione. «Nell'epoca in cui il Ministro dell'Interno è una donna, e alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne, vengo lasciata sola - aveva commentato - anche nel mio impegno contro la criminalità e la mafia che mi vede tutt'oggi in prima linea nella sensibilizzazione pubblica a sostegno della legalità e della giustizia perchè, l'ho dichiarato più volte, mi sento una donna dello Stato piuttosto che vittima della mafia».
Valeria Grasso: «Ho fatto arrestare i mafiosi e ho vissuto come un fantasma. Ma lo rifarei»
Valeria Grasso, imprenditrice di Palermo, aveva rifiutato di pagare il pizzo agli emissari del clan Madonia e dopo essere stata minacciata li ha denunciati. «Mi ha sorpreso l'assordante silenzio della politica - ha detto dopo aver ottenuto di nuovo la scorta - Ringrazio quella parte di Stato per cui io mi sono battuta, il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, il prefetto di Roma e il comandante provinciale dell'arma dei carabinieri, per avere tempestivamente accolto il mio appello ed essere intervenuti affinchè mi venisse riassegnata la tutela, riportando la mia famiglia in sicurezza. Bisogna garantire e tutelare chi denuncia mettendo a rischio sé stesso e la propria famiglia.
Valeria con la sua denuncia aveva fatto arrestare alcuni esponenti del clan mafioso Madonia dando il via ad inchieste che ne hanno portati in galera 25. Volevano ucciderla. «Da quel momento - ha raccontato - per me comincia l'inferno: sul muro della mia palestra trovo tre croci nere, erano per i miei figli. Mi tranciano i cavi della luce, entrano a casa e rubano un quadretto con la foto dei miei bambini, allora avevano 5, 11 e 13 anni. Un giorno vengono a prenderci i carabinieri e ci portano in una località segreta, nel giro di due ore abbiamo dovuto lasciare casa. In alcune intercettazioni quelli del clan parlavano di me: questa va eliminata, dicevano. Mamma, cosa hai combinato?, mi chiedevano i miei figli. Abbiamo girato varie città. Vivevamo da fantasmi. Ma io ho fatto il mio dovere, pensavo, perché devo scontare questa pena? Chi la restituirà l'adolescenza ai miei figli? E la libertà perduta?. Ma rifarei tutto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero