Tutte a Kihnu, l'isola del matriarcato felice più famosa al mondo e sotto la tutela Unesco

danza folcloristica a Kihnu
L'isola delle donne, Kihnu, un lembo di terra in mezzo al Mar Baltico con una superficie di 16,4 km quadrati, da quando il New York Times la ha consacrata esempio mondiale di...

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L'isola delle donne, Kihnu, un lembo di terra in mezzo al Mar Baltico con una superficie di 16,4 km quadrati, da quando il New York Times la ha consacrata esempio mondiale di matriarcato felice, è diventata una delle isole la mondo più gettonate. La settima isola più grande dell'Estonia si è ritrovata a essere una meta internazionale.


La lunghezza dell'isola è di appena 7 km e larghezza 3,3 km, ma il suo significato simbolico va ben oltre la sua estensione territoriale. Il fatto è che in quei luoghi, attraverso i secoli fino ad oggi, si è sviluppata una società matriarcale: agli uomini la pesca, alle donne, invece, tutto il resto, compresa la sfera politica e la difesa delle tradizioni. L'Unesco la ha posta nell'elenco dei luoghi da proteggere, inserendola nella lista delle aree culturali fondamentali per l'umanità.

Una volta arrivati con il traghetto non è difficile vedere donne che guidano trattori, trebbiatrici o escavatori con una scioltezza incredibile. Ma si trovano anche al vertice del municipio e nelle istituzioni locali. Il matriarcato da quelle parti ha radici lontane ed è una cosa seria. Siccome però a Kihnu rifiutano il turismo di massa perchè potrebbe intaccare l'equilibrio sociale e la linea delle tradizioni che finora è stata tramandata di generazione in generazione, le autorità si interrogano cosa sia meglio fare per il futuro.

«Apprezziamo ovviamente il turismo ma quello di tipo culturlae, ovvero quello che porta sulla nostra isola persone davver interessate ala nostra cultura, al nostro stile di vita, a come viviamo nella quotidianità. Se sono interessati sono tutti i benvenuti, altrimenti non dobbiamo accettare questo» spiegano dal museo "Kihnu Cultural Space". Quasi un avvertimento per chi vuole andare solo a curiosare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero