Una donna su 3 con tumore al seno non viene curata in Breast Unit, cioè in un centro di senologia multidisciplinare. Non solo: i tempi di attesa sono lunghi,...
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Poi, non è sempre assicurata la continuità di cura (4 intervistate su 10 hanno dovuto cambiare struttura). Manca spesso un nutrizionista e le giovani in molti casi non vengono informate sulle opzioni per preservare la fertilità. In un contesto in cui il rapporto con le strutture è positivo «emerge il bisogno di collocare - come evidenzia Riccardo Grassi, direttore di ricerca Swg - il percorso in un quadro più umano: oltre 1 donna su 4 afferma di aver ricevuto la diagnosi in modo freddo e distaccato e più di una su 10 (13%) per telefono o lettera».
«Sono solo 9, ad oggi- aggiunge invece Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna - le Regioni che hanno completato il percorso normativo e organizzativo delle Breast Unit, alcune sono andate oltre indicandone la localizzazione, ma esistono ancora disparità in termini di servizi. L'obiettivo è sensibilizzare sulla necessità di completare lo sviluppo delle Breast Unit è avviare il monitoraggio». Di «enormi progressi» parla invece Corrado Tinterri, del Gruppo di lavoro ministeriale sui centri di senologia, secondo cui «10 anni fa solo il 12-14% delle donne veniva curato in centri che trattavano più di 150 casi l'anno. Oggi ci sono 140 Breast Unit: siamo vicini al numero ideale. Ma non ci fermiamo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero