Avvocate, psichiatre, ginecologhe, giornaliste, associazioni femminili, giuriste, accademiche, professioniste a vari livelli hanno preso carta e penna per mandare una lettera...
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Spesso capita che le donne che subiscono violenze evitino di denunciare i mariti o i compagni abusanti per paura che nelle fasi della separazione il tribunale intervenga con una Ctu («Una moderna forma di inquisizione») capace di riconoscere alle donne di avere «inculcato nei figli l'odio verso il padre, non mostrandosi collaborative con i servizi sociali» prosegue la missiva che cita un caso emblematico per tutti.
Il caso preso ad esempio è quello di Ginevra Amerighi - una stimata insegnante romana, abituata a lavorare con i bambini - che è stata privata della bambina quando la piccola aveva 18 mesi e da allora non l'ha più vista. Dieci anni di silenzio e tormenti. Ancora oggi - per colpa di quello che afferma la Ctu del tribunale - non può nemmeno telefonare a sua figlia, o mettersi in contatto con lei.
Nella lettera al Ministro le associazioni femminili mettono in evidenza la singolarità del trattamento nei confronti di mamma Ginevra con il caso di un uomo recentemente condannato all'ergastolo per femminicidio e autorizzato dal tribunale a intrattenere rapporti epistolari liberi con la figlia che a sua volta può frequentare i parenti del ramo paterno, come i nonni o gli zii.
«Le chiediamo Signor Ministro un incontro urgente per mettere fine ad una procedura sanitaria, diagnostica e di trattamento che non ha nessuna finalità di cura ma concontraddice l'abc dei codidci deontologici delle professioni sanitarie» conclude la lettera.
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Il Messaggero