«Ogni anno alla vigilia di Natale, i miei compagni di scuola del villaggio dove sono cresciuta si riuniscono in un pub locale. È la mia tradizione preferita, ma...
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Violenta una studentessa dopo la festa: arrestato un pakistano
«È successo poco più di tre anni fa a casa mia. Quest'uomo, che conoscevo da quando avevamo otto anni, mi ha mandato un messaggio per dirmi che sarebbe venuto a trovare la famiglia e mi ha chiesto se potevamo incontrarci. È venuto a bere qualcosa con i miei amici e ha perso il treno, così ha dormito da me. Ha cercato di baciarmi in taxi a casa. Ma abbiamo riso, perché un bacio sarebbe stato davvero strano dopo anni di amicizia platonica. In ogni caso, ero tranquilla nel farlo dormire con me. Mi sono messa il pigiama e ho provato ad addormentarmi, ma lo sentivo alle mie spalle. Da lì, il dramma. Polsi appuntati al letto. Pianto. Urla. Dice ancora che non ricorda cosa è successo, che è una delle cose più dolorose per me perché non lo dimenticherò mai».
E aggiunge: «Non mi è permesso dimenticare perché ogni Natale è di nuovo lì, nello stesso pub. Purtroppo, so già quali saranno i commenti a questo articolo 'perché non sei andata alla polizia? Perché non lo denunci ai suoi amici e alla sua famiglia?'. La mia risposta è la stessa che molte altre vittime di stupro danno. Solo il tre per cento degli stupri denunciati alla polizia danno luogo a una condanna. Ero ubriaca quella notte e avevo detto al mio ex amico che poteva dormire nel mio letto. Non avrei mai potuto essere uno di quei tre per cento. Poi c'è l'elemento personale. Le nostre vite sono intrecciate (come nel caso del 90% delle vittime di stupro e violenza sessuale che conoscono il loro aggressore). Puoi forse capire perché avevo paura di parlare, preoccupata di perdere amici o di essere conosciuta a livello locale per l'incidente nel nostro piccolo villaggio». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero