«Sui social le donne subiscono più attacchi rispetto agli uomini e un terzo di questi attacchi è sessista». Per questo è «necessario un...
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I commenti valutati sono stati 42.143. Dalla loro analisi è emerso che: più di un commento su 10 risulta essere offensivo, discriminatorio o hate speech (14%). Quando il tema oggetto del contenuto è «donne e diritti di genere» l'incidenza dei commenti offensivi, discriminatori o hate speech sale al 29%, quasi uno su tre; l'incidenza media degli attacchi personali diretti alle donne supera il 6%, un terzo in più rispetto agli uomini (4%); degli attacchi personali diretti alle donne, uno su tre risulta essere di carattere sessista (33%); per alcune delle influencer prese esame il dato arriva fino al 50% o al 71%; negli attacchi personali alle donne il tasso di hate speech è 1,5 volte quello degli uomini: 2,5% contro 1,6%.
Gli argomenti. Tra i temi osservati, diritti di genere, migranti e rifugiati e minoranze religiose. I risultati hanno evidenziato che quasi un contenuto su quattro su «donne e diritti di genere» offende, discrimina o incita all'odio contro le donne (o una donna in particolare). Un commento sessista su quattro ha per tema le donne e i diritti di genere. I contenuti che generano più commenti sessisti, oltre a quelli su « donne e diritti di genere», hanno per argomento principale l'influencer stesso (20,2%), poi «immigrazione» (19,6%) e, infine, minoranze religiose (15,5%).
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Alla luce della ricerca, Amnesty International Italia ritiene che il Governo debba intervenire per varare misure utili a «rafforzare le campagne di comunicazione e informazione in materia di rispetto dei diritti umani, con particolare attenzione alla condanna degli stereotipi e dei pregiudizi legati al genere e all'orientamento sessuale; intensificare i programmi di educazione sul rispetto e la non discriminazione all'interno delle scuole; condannare prontamente e in maniera risoluta tutti gli episodi di discorso d'odio, in particolare quelli veicolati da politici o soggetti che ricoprono cariche pubbliche; promuovere la conoscenza diffusa, tra le associazioni della società civile, degli strumenti di tutela e sostegno alle vittime per incentivare l'emersione del fenomeno e assistere i soggetti in grado di agire in difesa delle vittime; promuovere politiche volte all'educazione e responsabilizzazione di un uso consapevole della Rete da parte di tutti i cittadini».
«Allo stesso tempo - conclude Amnesty - anche le piattaforme dei social network dovrebbero prevedere una percentuale adeguata di operatori incaricati di ricevere le segnalazioni per la rimozione tempestiva dei discorsi d'odio, intensificare l'attività di monitoraggio, predisporre adeguati strumenti per fornire rapidamente risposte condivise e ben fondate ai post di odio, fornire maggiore chiarezza su come identificare e segnalare gli abusi sulla piattaforme e condividere informazioni significative sulla natura e sui livelli di violenza e abuso contro le donne e su come rispondervi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero