Le tre sorelle che raccolgono desideri: «La nostra lista #poivorrei nata su Instagram in lockdown adesso è un libro»

Elena, Sofia e Lidia Caricasole
“Poivorrei” è un desiderio, una speranza e un auspicio. Tutti e tre i concetti si sono trasformati in un libro edito da DeAgostini per ricordare...

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“Poivorrei” è un desiderio, una speranza e un auspicio. Tutti e tre i concetti si sono trasformati in un libro edito da DeAgostini per ricordare «ciò che non vogliamo più dare per scontato» e ispirato all’omonima pagina instagram @poivorrei. Un progetto creato da Elena, Sofia e Lidia Caricasole tre giovani sorelle venete che, in pieno lockdown per sentirsi più vicine (una vive a NY, una in Svezia e una in Italia) hanno ideato questo spazio dei desideri. Elena ci racconta la loro esperienza facendo le veci di tutte e tre: «Il Covid-19 ha creato uno stravolgimento delle nostre vite e quasi per sbaglio ci siamo trovate a gestire una community di 450 mila persone».

 
Lo definirebbe un risultato al femminile?
«Lo dico palese: secondo me è una cosa che riguarda la sensibilità delle donne. Solitamente non mi viene da fare discorsi di genere ma mi fa sorridere ricordare un episodio. Al tempo della quarantena frequentavo un ragazzo e questa lista è nata proprio perché un giorno gli ho detto: “Non potremmo farci una lista delle cose che vorremo fare poi?”. E lui mi ha risposto: “No, io non faccio queste cose!?”. Ho detto vabbè stattene per conto tuo, amen».
 
E poi?
«Durante le prime due settimane tutti abbiamo sofferto il cambio radicale di abitudini e di vita, tanto più noi tre che siamo unite ma disseminate in diversi angoli del mondo. Io sono la più grande ho 28 anni e vivo a Verona, Sofia in Svezia e ha 26 anni, mentre Livia è la più piccolina di 23 anni ed era a New York».
 
La distanza vi ha avvicinate?
«Tutto ha preso forma da quella famosa lista che mi sono fatta al computer, quando mi veniva in mente cosa avrei voluto fare poi… Un giorno mi è partito diciamo il matto e ho scritto alle altre due: “Non sarebbe bello se diventasse una cosa più partecipativa?”. La lista elencava pensieri, desideri basilari che però cominciavano a mancare un po’ a tutti. Abbiamo fatto la prima video chiamata in cui ci siamo scambiare pareri e ci siamo dette: “Proviamo!”. E abbiamo comprato il dominio».
 
Sapevate già cosa fare?
«Io di professione sono grafica e Sofia è social media strategist e quindi ne abbiamo approfittato per fare finalmente un progetto insieme. Lo abbiamo messo in piedi con un meccanismo semplice: atterrando sulla pagina era immediatamente chiaro che la persona dovesse scrivere il proprio #poivorrei. Quello che non ci aspettavamo è stata la risposta. Anche grazie alla spinta inaspettata di Cesare Cremonini».
 
Come è intervenuto Cremonini?
«Dopo la prima settimana di apertura del progetto ha visto il post che gli avevamo dedicato in maniera anche scherzosa e ingenua e ci ha condiviso, innescando un meccanismo di viralità assurdo!».
 
Quanti contatti avete?
«Abbiamo ricevuto 90mila #poivorrei. Una quantità assurda. Abbiamo dovuto purtroppo fare una cernita per non far pubblicare un’enciclopedia: ci sono circa 1500 #poivorrei. Non è stato facile selezionarli! Fatalità ha bussato alla nostra porta DeAgostini che ci seguiva dagli inizi e ci è parso naturale condividere con loro il nostro progetto».
 
Come mai è arancione?
«Volevamo un progetto che visivamente scaldasse, visto il momento buio che stavamo vivendo. Molte persone vivevano lontano da casa e volevamo che il libro trasmettesse positività, un senso di vicinanza e calore».
 
Non è superato il libro?
«Siamo partite con il sito e Instagram per spingere il progetto: essendo nato in quarantena con il distanziamento sociale e prettamente digitale era bello che avesse anche una memoria fisica. La pagina Instagram è comoda e accessibile con facilità, ma avere un oggetto in salotto che ogni tanto sfogli penso sia un bel esercizio per evitare di dimenticare».

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Il Messaggero