Rachele Somaschini, pilota di rally: «Corro per aiutare i malati come me e combattere i pregiudizi verso le donne»

Rachele Somaschini, pilota di rally: «Corro per dare speranza ai malati come me e per combattere i pregiudizi verso le donne»
Rachele corre per il podio e per un respiro. Corre perché vuole vincere e perché vuole più tempo. Pilota di rally, 26 anni, ha vinto il campionato italiano...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Rachele corre per il podio e per un respiro. Corre perché vuole vincere e perché vuole più tempo. Pilota di rally, 26 anni, ha vinto il campionato italiano 2019 e molto di più. Chi ci avrebbe mai scommesso, all’inizio: donna e per di più malata. «La mia fortuna è che non mi pongo alcun limite anche sei dovrei farlo. Sono nata con la fibrosi cistica, mio padre non si aspettava neanche lontanamente che sarei diventata pilota». L’allenamento e la fisioterapia respiratoria, una fatica immensa, Rachele Somaschini rincorre velocità e fiato. E mette insieme la passione per il motorsport e l’impegno per raccogliere fondi da destinare alla ricerca. «Sono cresciuta in mezzo ai motori. Mio padre Luca correva prima che nascessi e fin quando ho avuto 10 anni. Da piccola mi portava all’autodromo di Monza, a due passi da casa, viviamo a Cusano Milanino. Quando ancora non camminavo mi ha regalato una macchinina elettrica, nemmeno ci arrivavo».






A 18 anni, subito dopo aver preso la patente, la prima gara. «Con papà, all’autodromo di Monza, per la Coppa Intereuropa storica. Non sapevo quali fossero i miei limiti fisici, la mia resistenza al caldo. Lui mi ha vista così entusiasta che non mi ha dato il cambio dopo la prima gara e le ho fatte tutte e due. Da quel momento non ho più smesso. Il mio sogno era correre per il rally, tanti chilometri e tanta fatica in più, la gara più dura in assoluto». A 22 anni arriva l’occasione. «Una società sportiva mi ha proposto di partecipare al Campionato italiano rally. Ci ho pensato 5 secondi e ho detto sì. Una delle stagioni più belle della mia vita. Quando vedevo il palco d’arrivo mi venivano le lacrime agli occhi». Nel 2019 Rachele vince il Cir, il campionato italiano rally. «Quest’anno farò l’europeo».




E non è solo questione di motori. «Voglio sensibilizzare le persone alla mia malattia ancora poco conosciuta e informare le donne giovani sulla prevenzione, chi vuole fare un figlio può sottoporsi a un test genetico». #correreperunrespiro è la campagna social di cui Rachele è testimonial, i soldi raccolti (in 4 anni 160mila euro) vanno alla Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica.



 



La giovane pilota è anche portacolori del progetto Fia Woman in Motorsport, promosso dalla Federazione (Federation International de l’automobile) per coinvolgere sempre più donne in questo genere di sport. E con automobile.it (sito di annunci di auto usate, nuove, Km 0 e a noleggio di proprietà del gruppo eBay) lancia un messaggio per superare i pregiudizi in un mondo al 98 per cento di uomini dare qualche suggerimento alle ragazze che vogliono seguire il suo esempio.

Morena Bernardini, è italiana la regina dei missili europei

Miss Belgio ora pilota gli aerei: «Gli uomini dicevano che non sapevo neanche parcheggiare un'auto»

«Il mio mito in assoluto è Michele Mouton, una donna che ha fatto la storia del rally ed è presidente della Fia Woman in Motorsport. Quando è venuta a conoscenza della mia storia mi ha proposto di diventare portacolori. Pregiudizi? Ne ho incontrati tanti. La prima volta che ho vinto, il secondo e il terzo classificato non si sono presentati al podio. E poi le voci: dicevano che vincevo perché ero leggera, il che è falso perché la macchina viene zavorrata per raggiungere il peso standard. Tra il pubblico mia madre sentiva commenti del tipo: la vedi quella, non ce la fa nemmeno a salire in auto. Come se non avessi fatto mille chilometri di rally. Gli uomini possono sbagliare, le donne no. A noi non viene data questa possibilità, dobbiamo sempre dare il massimo».
Rachele ha imparato a non dare ascolto alle voci, a sostenere quegli sguardi, toh! una donna al volante. Come se i motori fossero solo roba da uomini. «Una donna su una macchina da corsa può ottenere esattamente le stesse vittorie di un pilota uomo. La capacità di guida di un auto non dipende tanto dal genere quanto dall’impegno che ciascuno di noi mette in quello che fa. La vittoria è data da un connubio di forza, dedizione, determinazione ed esperienza, si gareggia insieme per questo motivo. Il segreto è crederci, tanto».

    Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero