Virginale abitino a fiori, i capelli biondi sciolti e il viso fin troppo levigato, Nicole Kidman conquista il Taormina Film Fest: «Adoro l'Italia. Quando, a 17 anni,...
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OSSESSIONI D'AUTORE La diva australiana e il regista americano hanno monopolizzato l'attenzione all'inizio della 65ma edizione della rassegna che si chiuderà il 6 luglio. Un Oscar, quattro Golden Globe e due Emmy, tra i protagonisti della serie Big Little Lies la cui seconda stagione è attualmente in onda su Sky Atlantic, Nicole ha parlato della sua carriera e delle sue scelte. «Nella serie tornano il dolore, gli abusi domestici ma viene esaltata la resilienza: è questo che mi piace, anche nel mio personaggio», ha spiegato. La fortuna dei racconti a puntate? «Le serie permettono di approfondire i personaggi, i 90 minuti di un film non bastano». Impossibile, per lei, dimenticare l'esperienza (affrontata nel 1999 in coppia con l'ex marito Tom Cruise) sul set di Eyes Wide Shut, l'ultimo film di Kubrick. «Abbiamo vissuto in un mondo parallelo, le riprese dovevano durare due mesi invece si prolungarono per due anni. Adoro i registi come Stanley: ossessivi e ossessionati». Tra i tanti progetti di Nicole, che per il momento aspira «soltanto a fare una vacanza con la famiglia», c'è la serie The Undoing, diretta da Susanne Bier: «Adoro lavorare con le registe», racconta la diva a Taormina, «e trovo giusto far sentire le voci femminili, se non altro per incrementare la presenza delle donne nel cinema. Attualmente le registe rappresentano solo il 20 per cento, troppo poco. Così a un certo punto io e la Streep a Cannes, ci siamo dette: le donne devono chiamare a lavorare le donne. Una scelta che io faccio sistematicamente in qualità di produttrice». Il 4 luglio Stone ritirerà il premio Angelo D'Arrigo dopo la proiezione del suo capolavoro Nato il 4 luglio con Tom Cruise, girato nel 1989 e vincitore di due Oscar.
AMERICA Com'è cambiata l'America in questi ultimi 30 anni? «Girai il film per ricordare la guerra del Vietnam che il mio Paese aveva già dimenticato. Oggi purtroppo la situazione non è cambiata, come del resto non è cambiata la politica estera americana che ora guarda all'Iran», ha raccontato il regista di Platoon. «La gente non sa cosa significhi venire colpiti in un conflitto. La medicina negli anni è migliorata, così i feriti di guerra si trovano costretti a vivere. Essere invalidi è peggio che morire giovani». L'immigrazione? «Seguo gli sbarchi che stanno avvenendo in Italia...questo fenomeno è un problema epocale che riguarda tutti, a cominciare dagli Stati Uniti. Sono comunque favorevole alla migrazione, ma se è troppo veloce può avere un effetto dirompente». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero