#MeToo anche nel ciclismo. Dopo gli scandali scoppiati in Belgio e Svizzera, l'Uci - la federciclismo mondiale - ha aperto due inchieste e inviato investigatori privati....
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IL RACCONTO
«Lo stipendio era basso: la Health Mate-Cyclelive faticava a trovare sponsor. Così il manager ci propose di vivere da lui a Ekeren, in Belgio. Sei cicliste di sei nazioni diverse nell’ultimo piano di una casa molto grande e la soluzione sembrava ok. Il problema è che lui, da subito, si mostrò troppo espansivo: cercava di abbracciarci o baciarci, girava in mutande, faceva commenti sul nostro corpo e quando ci ritiravamo infastidite lasciava intendere che non ci avrebbe selezionate per le gare. Per evitarlo sono arrivata a chiudermi in camera tutto il giorno. Alla fine sono scoppiata». Esther Meisels, 24 anni, israeliana, è una delle 4 professioniste che hanno denunciato al sito cyclingnews.com Patrick Van Gamsen.
L'ITALIA
Il presidente italiano dell'Uci, Renato Di Rocco, assicura che in Italia «non c'è allerta». Gli investigatori sono stati mandati nelle nazioni in cui si ricevono segnalazioni di abusi, «anche da noi, ma i casi li abbiamo denunciati e risolti». Il caso "MeToo" del ciclismo femminile internazionale non trova riscontro in Italia, secondo "Women sport" che ha condotto a propostito un sondaggio tra le atlete. «Le ragazze intervistate, che fanno parte di team nazionali, hanno dichiarato di non essere mai state molestate sessualmente o di aver subito ricatti espliciti a tal fine».
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Il Messaggero