Il problema di questi tempi non è solo il divario (che resta enorme) tra i due sessi nel lavoro, nelle istituzioni, nei percorsi di carriera, persino dentro la Chiesa. Il...
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A sollevare per prima l'ingombrante argomento è stata Emma Fattorini, docente di storia contemporanea alla Sapienza. A suo parere c'è una revanche del maschile che finisce per sfociare quasi in violenza, un campanello che indica la cosiddetta crisi del maschio. «Se nel Novecento abbiamo assistito alla crisi della donna, da un punto di vista filosofico, teologico e storico, oggi c'è la crisi del maschio e non è più un fatto secondario. Parlare delle donne ha senso, ma se vogliamo arrivare alla radice di tanti problemi, bisogna parlare di questo. Dovremmo iniziare a studiare seriamente questo aspetto».
Che si intende? Evidentemente, concordano le studiose, i problemi fanno riferimento a modelli culturali che lentamente si stanno indebolendo, l'impronta patriarcale di un passato tende a diminuire di influenza, la sperequazione tra maschi e femmine e non è più solo una questione che riguarda una elite, ma è evidentemente qualcosa di globale, di percepibile dalle donne a qualsiasi latitudine e a qualsiasi livello, persino in modo bipartisan e apolitico, trasversale.
«Le donne sono assieme un soggetto politico e non biografico e questo ha mutato segno» sintetizza Marinella Perroni, decana delle teologhe italiane, conosciuta a livello internazionale per il suo impegno a ridurre il gender gap nella Chiesa. «Si potrebbe pure parlare anche degli stipendi nelle università cattoliche, gli stipendi delle professoresse sono uguali a quelli dei docenti preti?». Non è una provocazione la sua ma un dato di fatto che poggia sul tema della equità, dell'uguaglianza che arricchisce tutti, ognuno con le proprie differenze. E in questo il maschio – inteso come categoria di riferimento – prima o poi si dovrà adeguare, accettando nuovi paradigmi culturali. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero