Dipendente minacciata: «Non dovevi fare un altro figlio, ora al lavoro ti faremo morire»

Operaie al lavoro in fabbrica
«Non dovevi fare un altro figlio, ora al lavoro ti faremo morire». Le minacce alla dipendente di una piccola azienda lombarda. La colpa di Chiara è quella di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Non dovevi fare un altro figlio, ora al lavoro ti faremo morire». Le minacce alla dipendente di una piccola azienda lombarda. La colpa di Chiara è quella di essere diventata mamma per la seconda volta. 

  «Ti conviene accettare l’offerta
», le fa sapere il datore di lavoro tramite un emissario. Lei lavora in quell'azienda da una quindicina d’anni, racconta il Corriere della sera, con il primo figlio non c'è stato alcun problema. Ma al vertice c’è stato un cambio e il nuovo «capo» crea subito problemi a Chiara non appena viene a sapere che è incinta. «Dovevi dirmelo già quando tu e il tuo compagno avete deciso di avere un altro bambino», le dice.

In maternità costretta a lavorare

  Quando Chiara va in maternità la sostituiscono con una persona assunta a tempo indeterminato. Al suo rientro,  non viene ricevuta dai suoi dirigenti ma da un altro consulente che le comunica la decisione di «riposizionarla». E se non accetterà l'incentivo per andare via, comunque la licenzieranno non appena il bambino compirà un anno. Meglio non farsi vedere in azienda fino a quel giorno. Chiara non accetta la buonuscita, torna al lavoro e da quel momento iniziano le vessazioni.  Da responsabile di reparto si ritrova a fare fotocopie, rispondere al citofono («ma non al telefono»), triturare documenti e archiviare fascicoli cartacei. Dal suo computer non ha accesso alla posta elettronica, né ad altri indirizzi aziendali, non viene coinvolta nelle riunioni e, soprattutto, viene ignorata da tutti. Non le danno nemmeno il nuovo telecomando per aprire il cancello elettrico.
Esasperata Chiara si rivolge alla Cgil. «Mi sento molto frustrata - spiega - ma so di avere ragione».
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero