Le donne che vogliono fare il bagno in piscina completamente coperte, sfindando le regole. E quelle che rivendicano il diritto di scoprirsi senza dover subire commenti e...
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Qualche giorno fa un gruppo di donne musulmane ha fatto irruzione in una piscina di Grenoble, rompendo qualsiasi protocollo di sicurezza. Le “Rosa Park musulmane" hanno violato il regolamento interno dello stabilimento, in luoghi pubblici del genere è fondamentale farsi riconoscere. Le dodici militanti hanno invaso lo stabilimento in burkini, abbigliamento proibitissimo nelle piscine pubbliche. Ma non solo: hanno anche violato il principio di “laicità” che tanto rivendicano quando si tratta di rispettare la loro fede. «Vogliamo disobbedire per rivendicare il diritto di farci il bagno coperte», hanno affermato. Sono state multate e il loro gesto ha scatenato polemiche.
Mentre loro rivendicaro il diritto di coprirsi, altre reclamano il diritto opposto, quello di scoprirsi. Tutto è partito da un tweet di Céline B. che ha pubblicato la foto di una canottiera che ha portato il 18 giugno, con questo messaggio: «Secondo un tipo che ho incrociato prima, ho un décolleté da sporca baldracca…sappia che io e le mie tette lo mandiamo a gran voce a farsi f...».
Con l'hashtag #jekiffemondécolleté, amo il mio décolleté, è partita una campagna in difesa di Céline B. e di tutte le donne importunate. Tantissime hanno pubblicato le foto delle loro scollature. Zoha Bitan, militante anti-velo, ha scritto: «Il décolleté non è un precetto religioso, ma una libertà naturale in Francia!». Per «polizia dei vestiti» intende la polizia morale, sul modello dei Paesi musulmani, che si sta diffondendo nelle banlieue multietniche di Francia e nelle zone a maggioranza arabo-africana, dove l'islam detta legge e le ragazze vengono trattate come «puttane» se non si coprono abbastanza.
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Il Messaggero