Monia uccisa 30 anni fa dall'ex, la madre: «Lui non ha pagato, chiedo il risarcimento allo Stato»

Monia uccisa 30 anni fa dall'ex, la madre: «Lui non ha pagato, chiedo il risarcimento allo Stato»
«Mia figlia è stata uccisa trent'anni fa, il suo assassino non ha mai risarcito, ora aspetto lo Stato». La mamma di Monia Del Pero, uccisa a 19 anni il 13...

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«Mia figlia è stata uccisa trent'anni fa, il suo assassino non ha mai risarcito, ora aspetto lo Stato». La mamma di Monia Del Pero, uccisa a 19 anni il 13 dicembre del 1989 a Manerbio, nel Bresciano, dall'ex fidanzato che aveva poi gettato il corpo nascosto in un sacco in un burrone, aspetta da troppo tempo. Martedì davanti al tribunale di Roma è prevista l'udienza nella quale sarà chiesto il risarcimento, atteso da 30 anni. Un caso che arriva nella Capitale dopo che ministero dell'Interno, Tar di Brescia, Consiglio di Stato e Tribunale ordinario di Brescia si sono dichiarati incompetenti in materia. «C'è una disparità di trattamento tra le vittime. Spero che possa essere sollevata la questione di illegittimità costituzionale», dice l'avvocato Piera Buffoli che martedì assisterà Gigliola Bono, la madre di Monia Del Pero. «Nel nostro ordinamento ci sono normative che prevedono che nel caso in cui chi ha procurato il danno non risarcisca sia lo Stato a farlo. Perché non avviene con i femminicidi?», si chiede il legale che al Giornale di Brescia aggiunge: «Lo Stato, in casi come quelli di Monia Del Pero ha una responsabilità. Perché dimostra di non essere in grado di proteggere la donna, ma nemmeno di educare gli uomini».


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Della figlia le sono rimaste solo cinque fotografie. «Tutti gli album li aveva l'assassino il giorno in cui l'ha uccisa» racconta Gigliola Bono. «Non c'entro nulla, non ho fatto niente», ripeteva alla madre di Monia l'assassino in quelle giornate di apprensione. Confessò poi davanti ai carabinieri, fece trovare il cadavere ma mai i vestiti e l'album fotografico che la ragazza aveva con sé la sera in cui decise di accettare l'invito del suo ex. Dopo tre anni, la giustizia aveva già messo la parola fine alla vicenda con la condanna in via definitiva per il ragazzo di allora, diventato ora uomo e padre di due bambini, di cui una femmina. «Il giorno del funerale di mia figlia, lui era già a casa», ripete sempre la mamma della vittima. Tra domiciliari e benefici ha scontato poco più di cinque anni. Ora vive in Perù e non ha mai risarcito la famiglia. 


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Il Messaggero