«Papà ha ucciso mamma». «Lei lo lascia, lui la uccide. «Il silenzio non è consenso». E poi tanti tanti nomi, uno accanto...
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Il collage, spiegano le colleuses, è «uno straordinario strumento di espressione e lotta», per denunciare la violenza e fermarla, chiedere che il governo Macron faccia di più perché l'anno scorso 146 donne in Francia sono state uccise dai loro partner, il 21% in più del 2018.
E la lotta sui muri, colla secchi e pennelli, va avanti nonostante i rischi e i controlli della polizia. «Il nostro obiettivo è portare questi fatti davanti agli occhi, in modo che non si possa distogliere lo sguardo», ha detto l'attivista Chloè Madesta al New York Times. «Perché questa violenza rimane sempre nell'ombra». Lungo i tunnel in periferia racconti di femminicidi. «Vogliamo che i messaggi irrompano nella vita quotidiana, ordinaria, è qui che avviene la violenza».
I collage vengono regolarmente strappati o imbrattati di vernice dai passanti, ma le attiviste rimettono le parole a posto. A ideare la campaga del collage è stata Marguerite Stern, che nell'estate del 2019 ha lanciato un appello sui social network. Decine di donne hanno risposto. Lei stessa, alla fine del 2019, ha raccontato sui muri la sua storia di figlia di un'alcolista, niente altro che botte in casa, anche per la mamma. «Ci riprendiamo le strade che prima ci facevano paura», spiegano le attiviste.
A novembre, il governo ha introdotto nuove misure per combattere il problema, come più istruzione e più assistenti sociali in stazioni di polizia. Gli attivisti dicono che gli sforzi non sono sufficienti e sono sottofinanziati. E il movimento del collage partito da Parigi continua a diffondersi in altre città d'Europa.
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Il Messaggero