“Cuoche combattenti” contro la violenza, da vittime a imprenditrici: «Produciamo conserve e dolci per aiutare le donne»

Le Cuoche combattenti
«Chi ti ama non ti controlla», sul vasetto di pesto alla melanzane. «Chi ti ama vuole solo che tu sia felice», sulla confettura di pere e noci....

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«Chi ti ama non ti controlla», sul vasetto di pesto alla melanzane. «Chi ti ama vuole solo che tu sia felice», sulla confettura di pere e noci. «L'amore non ammette minacce, mai», per l'extra di cipolle rosse. «Sei Bella così, con tutta la tua ciccia», per le prugne settembrine. «Senza paura sei molto più bella», pesto con le noci. Nei laboratori delle “Cuoche combattenti” di Palermo si mescolano sapori e pensieri. Sulle etichette di ogni vasetto c'è un messaggio che parla di autostima, amore e mette in guardia dalla violenza. «Vogliamo che le donne in cucina, prendendo in mano una delle nostre confetture, si fermino anche per un istante a riflettere. So per esperienza quando a volte sia difficile percepire gli abusi psicologici. Io subivo continue minacce e tendevo a minimizzare. E invece noi invitiamo a spezzare il silenzio e a non restare in cucina sottomesse». Nicoletta Cosentino, 48 anni, palermitana, è la prima delle Cuoche combattenti, le ha inventate lei. La storia di cui parlano etichette è la sua. Si è liberata con fatica e dolore di un matrimonio che l'aveva annientata, «tre anni per arrivare di separazione giudiziale, è stata durissima»,  e con l'aiuto del centro anti-violenza “Le Onde onlus” ha ricominciato. «Mi hanno sostenuta dal punto di vista legale e psicologico, aiutata a ritrovare l'autostima. Ero distrutta, avevo perso anche il lavoro. Grazie al centro, ho fatto uno stage formativo nell'azienda "I peccatucci di Mamma Andrea", e lì ho capito che quella era la mia strada».


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ll laboratorio-bottega delle “Cuoce combattenti”, in piazza Generale Cascino, è stato inaugurato il 27 settembre, anche se le cuoche già da un paio di anni producono conserve. «Ho chiesto un prestito di microcredito con Banca Etica, ventimila euro, ma sono stata aiutata anche dall'associazione  D.I.Re (donne in rete contro la violenza) e così sono partita. Questa è un'impresa individuale e inclusiva, accoglieremo per il tirocinio altre donne che escono dai centri anti-violenza, abbiamo il supporto del Centro Astalli e all'associazione Pellegrino della Terra». Al laboratorio già arrivano ordinazioni e le richieste di altri venditori. «Facciamo pasticceria al cento per cento vegetale. Mi sembra giusto e bello condividere una storia di violenza che si è conclusa bene e poter trasmettere un messaggio di positività. Mi sembra di vivere un sogno. Vorrei che anche alle donne che sono dentro casa, in cucina, arrivino segnali di speranza e messaggi che rinforzino l'autostima. Quando si è vittima di violenza psicologica si pensa di valere niente. Vorei che non accadesse alle altre».   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero