Italiana e tedesca, doppio passaporto. È nata a Viterbo, poi ventenne la “fuga” ad Amburgo, «da sola, senza Erasmus, perché il mondo mi sembrava...
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Lei potrebbe essere considerata un “ex cervello in fuga”. Che differenza c’è tra l’Italia e la Germania?
«La differenza è che la Germania investe molto nella cultura, non solo continuando a costruire musei ma dando a istituzioni una base finanziaria che permette di programmare attività a lungo e a medio termine. Quando dirigevo la Literaturhaus di Francoforte, la casa delle Letterature, avevo un budget consistente che veniva dalla città, dalla Regione e dai biglietti. I cittadini stessi si impegnano con piccole e grandi somme per mantenere vive le istituzioni delle loro città, e protestano se c’è il rischio che chiudano».
Se potesse sintetizzare la grandezza di Goethe, come lo descriverebbe?
«La grandezza di Goethe sta nella personalità complessa e poliedrica, dalla letteratura alla poesia alla scienza, oggi diremmo che è una personalità fluida. Goethe è stato un uomo universale, un cosmopolita e ha inventato la Weltliteratur, la letteratura mondiale. E poi ha scritto il Werther e il Faust!»
Roma è una città con tante attrazioni. In cosa si caratterizza questo museo e perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo?
«In una città piena di Caravaggio, Michelangelo e Bernini ci vuole coraggio ad aprire l’unico Museo tedesco all’estero. Siamo una istituzione tedesca di appena 23 anni. Ma abbiamo il vantaggio di concentrarci su Goethe, gli artisti tedeschi e il Grand Tour. Il visitatore segue la suggestione del soggiorno di Goethe in Italia, ma soprattutto impara a guardare l’Italia con gli occhi dell’amore di questi artisti stranieri, vede quante meraviglie questa Italia abbia inventato e quanta ispirazione abbia dato al mondo in nome della bellezza».
Quali sono i progetti per il 2020?
«Quest’anno ci dedicheremo alla storia degli artisti tedeschi a Roma negli ultimi tre secoli. Con la mostra Fonti d’ispirazione che inauguriamo il 27 febbraio, sveliamo la nostra biblioteca storica con libri e quadri di Böcklin, Feuerbach e Overbeck, per citarne alcuni. Non temo che sia un tema “vecchio”. Gli artisti che nell’Ottocento venivano in Italia per mesi non avevano libri con sé: i libri pesavano, spedirli costava caro, non sempre conoscevano le lingue, non c’era Internet, allora fondano a Roma la loro biblioteca degli artisti. Continueremo questo discorso con Friedrich Noack che ha vissuto a cavallo del secolo scorso a Roma e ha scritto un’opera chiave sulla presenza dei tedeschi a Roma e di cui la collega Dorothee Hock ha scoperto materiali inediti. Ma soprattutto chiederemo ad alcuni artisti contemporanei italiani di raccontarci gli aspetti più stimolanti del nostro Goethe. Poi, tanti eventi speciali, serate su Berlino città mediterranea, sull’amore tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan. E tanto altro. Credo molto nella contaminazione tra generi, tra arte e spettacolo».
C’è un progetto con cui vorrebbe lasciare un segno?
«Aprire un tema cosi classico come il nostro Goethe ad artisti contemporanei anche italiani».
A Roma esistono altre Case-Museo, non si è mai pensato di fare sistema?
«Ce ne sono tante e interessantissime, dalla Keats-Shelley a De Chirico, Moravia, Pirandello e Praz, poi Scelsi, l’Atelier Trombadori ad altre che si potrebbero aprire come la Casa Balla o la particolare dimora del poeta Valentino Zeichen. C’è stato un tentativo circa tre anni fa con l’aiuto del Comune di Roma di fare sistema, noi direttori c’eravamo anche incontrati, ma dobbiamo riprendere il discorso. Dovremmo trovare il tempo di incontrarci, sarebbe un progetto pieno di potenzialità, avrei molte idee a riguardo. È tempo di rilanciarlo».
Goethe a Roma. Ci sono scoperte o studi recenti, che ci raccontano elementi nuovi?
«L’archivio di Goethe è a Weimar.
Il Messaggero