É una combattente che chiama le mamme come lei «sorelle». La mattina si scambiano messaggi per darsi forza: un giorno è Elena a supportare Maria,...
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La lotta per ricevere assistenza è solo il primo gradino per le famiglie che devono scalare la vetta della sopravvivenza. C'è lo spettro del “dopo di noi", il terrore di non sapere come vivrà il proprio figlio disabile, non indipendente, quando la famiglia non ci sarà più. Elena ha dedicato la vita al figlio, ha toccato il fondo, si è rialzata. «Ma anche se ti rialzi, ad aspettarti non c'è una vita da Mulino bianco..., ci sono giornate nerissime» dice mentre è a Orbetello per portare avanti il progetto “Il Futuro siamo Noi” finanziano dalla Regione Toscana a favore dei Comuni delle Colline dell’Albegna e gestito da “Oltre Lo sguardo Onlus” di cui è presidente in ATS con la Cooperativa Giocolare di Pontassieve con il Comune di Orbetello e con la ASL Toscana Sud-Est . Ha raccontato la sua vita in un libro “Ordinaria diversità. Diario di una figlia, moglie, madre” (edizione Ponte Sisto).
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«La Regione Toscana sulla base della legge del 2016 sul "dopo di noi" ha stanziato dei fondi, noi portiamo avanti progetti di residenzialità e semi-residenzalità, siamo al passaggio dal secondo al terzo anno di finanziamento».
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«Ci sentiamo offesi per come le Istituzioni , il Parlamento tratta noi familiari, caregiver, siamo più a rischio per malattie come Parkinson, Alzhaimer e depressione, ma anche per problemi ossei per la postura che dobbiamo assumere per assistere i propri figli. Ad oggi infatti il DDL Caregiver è stato definito “uno schiaffo in faccia” alle famiglie». Poi il paradosso. «Per assurdo le mamme più attive sono quelle con figli ad alto carico assistenziale, che sono fuori dal sistema di assistenza pubblica». Le criticità a livello nazionale sono molte. «Le risorse economiche messe a disposizione sono poche, la situazione più drammatica è l'impreparazione e la paura delle famiglie. Dovremmo avere più fondi e più tempo per formare e accompagnare le persone lungo il percorso di consapevolezza per attivare la separazione».
Il prossimo anno, la Onlus avrà per sei mesi un appartamento a Orbetello «inserito in un contesto sociale quindi». Elena vorrebbe creare un'associazione con le famiglie del luogo «esportando il nostro modello, la nostra esperienza, dando più forza ai genitori che avrebbero più potere contrattuale sedendosi al tavolo con le istituzioni».
Elena ora deve andare. L'aspettano le sue «sorelle»: Sara, Irene, Silvia, Loredana, Maddalena. «Ci siamo dedicate a un'azione comune di condivisione, di rete, perché siamo state molto vicino a quel senso di liberazione che ti può far pensare che l'unica soluzione è morire». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero