Coronavirus: in India l'aiuto arriva da due donne, via social network e con il kit super-veloce.

Diverse donne con la mascherina all'uscita dal tempio di Attukal, a Thiruvananthapuram, in Kerala
Il diffondersi del Coronavirus non sta risparmiando l’India, il secondo paese più popolato del mondo dopo la Cina, con oltre un miliardo e 300 milioni di abitanti. Il...

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Il diffondersi del Coronavirus non sta risparmiando l’India, il secondo paese più popolato del mondo dopo la Cina, con oltre un miliardo e 300 milioni di abitanti. Il più grande sistema democratico è messo a dura prova dal contagio in un contesto economico e sociale in cui la povertà è largamente diffusa, basti pensare alle baraccopoli di metropoli come Bombay o Calcutta.


A questo si aggiunge una promiscuità che non garantisce elevati livelli di igiene, è il caso di Varanasi, città santa per gli induisti che sorge sul fiume sacro Gange, lungo le cui sponde le pire bruciano i cadaveri e le ceneri vengono gettate nelle sue acque, le stesse dove centinaia di pellegrini vi si immergono con devozione.
Ma anche in India è scattata la quarantena e la corsa al tampone e due donne, in maniera diversa, si sono rivelate preziose per aiutare la popolazione.

Mahita Nagaraj, mamma single ed esperta di digital marketing, ha lanciato Caremongers India, una pagina Facebook aperta in cui chiedere e ricevere aiuto verso i propri familiari rinchiusi in casa, senza avere accesso a cibo e medicine. Vi può accedere chiunque, chi vive fuori all’estero oppure in zone diverse dell’immenso paese, l’obiettivo è lo stesso: sostenersi l’un l’altro. Tantissimi i post di indiani espatriati che negli appelli, indicando la località, cercano chi possa consegnare ai propri genitori anziani generi di prima necessità, oppure di giovani che abitano nelle città mentre il resto della famiglia sta in campagna: grazie alla tecnologia la macchina della solidarietà supera il distacco fisico. Mahita, a cui aveva chiesto aiuto un suo amico che vive a Londra, si è ispirata a un’iniziativa simile in Canada e il successo riscontrato rivela che la sua scelta è stata vincente.

Si deve invece a un’altra donna, Minal Dakhave Bhosale, virologa, il kit per la diagnosi veloce del Covid-19. E’ lei a dirigere la Mylab Discovery Solutions, azienda di biotecnologie con sede a Pune, a 150 km da Bombay, prima e unica società a cui il governo indiano ha dato l’approvazione per lo strumento che servirà a mappare le persone contagiate. Con i numeri dell’India è un’impresa, ma l’azienda ha già spedito i primi lotti nelle principali città, tra cui Pune, Bombay, Nuova Delhi, Goa e Bangalore.


Ogni kit Mylab può testare 100 campioni, in un tempo di due ore e mezza, e costa 1.200 rupie (meno di 15 euro), circa un quarto rispetto alle 4.500 rupie (quasi 54 euro) che l’India paga per importarlo dall’estero. Dopo aver iniziato a lavorarci già da febbraio, Minal ha concluso il progetto in tempo di record, come da lei stessa raccontato, pochi giorni prima di dare alla luce la sua bambina, la scorsa settimana. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero