Coronavirus, i centri anti-violenza: «Pressioni sulle vittime per denunciare i compagni. Rispettare i tempi delle donne»

Coronavirus, i centri anti-violenza: «Pressioni sulle vittime per denunciare i compagni. Rispettare i tempi delle donne»
Nelle ultime settimane alcune donne che si sono rivolte al pronto soccorso o alle forze dell'ordine per aver subito violenza hanno riferito alle operatrici di alcuni centri...

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Nelle ultime settimane alcune donne che si sono rivolte al pronto soccorso o alle forze dell'ordine per aver subito violenza hanno riferito alle operatrici di alcuni centri antiviolenza D.i.Re di sentirsi spaventate per essere state spinte a denunciare il loro aggressore. «In tempi di Covid-19 si assiste a un interventismo che non tiene conto dei vissuti delle donne che vanno messe al riparo dalla violenza allontanando i violenti oppure ospitandole in luoghi sicuri - spiega Nadia Somma, consigliera D.i.Re dell'Emilia Romagna - Fare pressione perché denuncino il proprio compagno senza lasciare il tempo della riflessione, come spesso accade, o convocarle a deporre poche ore dopo la violenza, magari dopo una notte in bianco, significa non lasciare loro nemmeno il tempo per riposare e tirare il fiato».


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«I termini per una querela sono di 3/6 mesi o anche un anno - ricorda l'avvocata penalista Elena Biaggioni, referente del Gruppo avvocate di D.i.Re. - Non stupiamoci se poi ritirano le querele o se non vanno più al pronto soccorso perché ogni accesso per violenza viene segnalato alla Questura». «O se, paradossalmente, si ritirano dai percorsi di fuoriuscita dalla violenza e assumono atteggiamenti protettivi verso il partner dicendoci: 'non gli voglio far del malè» aggiunge Somma. «Ben vengano le app delle forze dell'ordine e l'impegno istituzionale del 1522 sempre utile in momenti così difficili», commenta Antonella Veltri, presidente della rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re - Continuiamo a vivere un paradosso: le donne o sono spinte alla denuncia o non sono credute quando lo fanno. E comunque sempre senza tener conto della loro volontà.Per questo, sulla base di esperienza e competenza acquisita accogliendo le donne sopravvissute alla violenza da oltre 30 anni siamo a ricordare la necessità di mettere in moto meccanismi e gestione condivisi con i nostri centri antiviolenza - conclude Veltri.ì - per evitare di ricacciare nel silenzio delle mura domestiche la violenza alle donne
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Il Messaggero