Cristina Leo è la prima assessora trans d'Italia, responsabile delle politiche sociali del VII Municipio di Roma. «Nella storia italiana per trovare una...
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Si sente un'«apripista» insieme alla presidente Monica Lozzi (M5s) che l'ha scelta per un ruolo tanto delicato. Il loro progetto è quello di aprire nel 2020 «la prima casa rifugio per persone trans dello stivale». Già portavoce del coordinamento Lazio Trans, Cristina Leo, di origini salentine, ha una laurea in psicologia e anche in passato si è occupata molto di diritti civili, approfondendo le tematiche transgender.
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La casa rifugio «si rivolgerà a quelle persone - e purtroppo ce ne sono ancora tante - che per la loro identità di genere vengono respinte dalle famiglie e non sanno dove andare. Visto che il pregiudizio contro le persone trans non è ancora sconfitto e anche trovare lavoro è difficile, il nostro obiettivo è di fornire loro un porto sicuro, con assistenza psicologica e legale». L'immobile è già stato individuato, si trova in zona Morena, ed è uno di quelli confiscati alla criminalità. Il piano per la precisione prevede una casa di semi-autonomia con spazi comuni e di socializzazione. L'idea è di ospitare poche persone per volta, quattro, per un periodo che potrà andare dai 12 ai 18 mesi. Se Cristina Leo ormai si definisce una ex 5 stelle («Sono uscita quando il Movimento si alleato con la Lega»), la presidente del municipio Lozzi è una pentastellata doc: «Vogliamo fornire a queste persone un sostegno psicologico e di accompagnamento all'autonomia - spiega la minisindaca -. Dopo la casa per le vittime di violenza puntiamo ad aprire questa nuova struttura nel 2020, dopo il bando».
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Quanto alla scelta di una donna trans nella sua giunta, Lozzi chiarisce: «La conosco da un pò di anni, lavorava nel campo dei diritti civili ed è una persona competente, l'ho chiamata per questo: per lavorare sui diritti». «Se il Movimento fosse quello del VII municipio tornerei, ma a livello nazionale è tutto più complicato», confessa Leo. Che per ora, però, non pensa alla politica, ma ai progetti per il suo territorio: «Pubblicizzare in modo capillare il numero anti-violenza 1522; riprendere un progetto sperimentale volto a portare le testimonianze delle donne vittime di violenza nelle scuole; laboratori sulle emozioni». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero