Ancona, «Banca Marche il maggiore disastro bancario italiano dopo Sindona e Calvi»

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ANCONA- «Quello di Banca delle Marche costituisce il maggiore disastro bancario verificatosi in Italia dopo quelli risalenti al secolo scorso dei casi Sindona e Calvi». Lo si...

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ANCONA- «Quello di Banca delle Marche costituisce il maggiore disastro bancario verificatosi in Italia dopo quelli risalenti al secolo scorso dei casi Sindona e Calvi». Lo si legge nell'atto di citazione presentato da Banca delle Marche Spa, in persona dei commissari straordinari, al Tribunale di Ancona. La Banca chiede 282,5 milioni di danni alla ex società di revisione Price Waterhouse Coopers (per 185,5 milioni) e a 31 ex amministratori ed ex manager, tra cui l'ex dg Massimo Bianconi e gli ex presidenti Michele Ambrosini e Lauro Costa.




«La gravità e la diffusa responsabilità di questo disastro - si legge ancora nell'atto di citazione - emergono anche dal numero rilevante di amministratori e sindaci coinvolti nelle indagini della Procura della Repubblica di Ancona e dalla gravità dei reati ipotizzati». L'atto fa riferimento a «un gran numero di irregolarità, carenze e e violazioni commesse da amministratori, sindaci e funzionari che si sono succeduti dal 2006 nella gestione di Banca Marche», e a un «quadro impressionante di anomalie e violazioni gestionali», particolarmente riferiti a 37 grandi finanziamenti plurimilionari che sarebbero stati concessi a costruttori e imprese marchigiani e non, senza adeguata valutazione di merito, istruttoria o garanzie.



Alla società Pwc, incaricata della revisione legale dei conti di Banca Marche, si contesta l'aver espresso «giudizi di piena conformità per ben cinque esercizi, dal 2008 al 2012, certificando senza rilievi o richiami i relativi bilanci annuali, ivi inclusi bilanci tra loro difficilmente conciliabili (quali il bilancio al 30.06.2012 chiuso con un utile di 42 milioni di euro e il bilancio al 31.12.2012 chiuso con una perdita di 526 milioni di euro a causa di ingenti rettifiche su crediti». Rettifiche che - precisa l'atto - «si sono rese necessarie anche a causa dei una attività di revisione dei conti che si è spesso limitata al mero e acritico recepimento di dati forniti dalle funzioni della Banca». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero