Renzi assegna ad Ancona la guida della super autorità portuale del centro Italia. Non solo lo scalo internazionale dorico, ma anche quello di Pesaro, Falconara, San...
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Ecco cosa cambia. La riforma Delrio porta le Ap da 24 a 15: Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Cagliari, Napoli, Palermo, Catania, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste. Il decreto snellisce anche le procedure per lo sdoganamento delle merci e il transito di passeggeri attraverso lo sportello unico doganale e dei controlli, rispetto agli attuali 113 procedimenti svolti da 23 soggetti diversi. Cambia anche il governo del porto: più potere al presidente dell'Ap, nominato con un mandato di 4 anni direttamente dal ministro “previa intesa” con il presidente di Regione, addio al Comitato portuale, al suo posto ci sarà un comitato di gestione al massimo di 5 nomi, con rappresentanti del Comune di Ancona, della Regione Marche e della Capitaneria di Porto, chiamato a decidere su concessioni demaniali e dragaggi. Il decreto non entra nel capitolo finanziamenti. «Ma non c'è pericolo che le risorse del porto di Ancona vengano ridotte e ridistribuite tra tutti i porti. Semmai ci sarà un aumento dei fondi da gestire» commenta Giampieri. La nuova Ap infatti dovrà farsi carico dei lavori e delle opere del porto di Ancona, Pesaro, Falconara, San Benedetto del Tronto, esclusa la darsena turistica, Ortona e Pescara, dovendo progettare il sistema della logistica in un'ottica interregionale e internazionale, compreso all'interno del corridoio europeo Helsinki – La Valletta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero