“L’occupazione italiana in Urss”, l'esercito italiano in Russia e Ucraina nella Seconda guerra mondiale

“L’occupazione italiana in Urss”, l'esercito italiano in Russia e Ucraina nella Seconda guerra mondiale
«Un’occupazione militare non è mai un atto amichevole nei confronti del territorio invaso e delle popolazioni che vi risiedono». L’occupazione...

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«Un’occupazione militare non è mai un atto amichevole nei confronti del territorio invaso e delle popolazioni che vi risiedono». L’occupazione italiana in Ucraina e Russia, 250 mila uomini in campo dal 1941 al 1943, non fa eccezione. Ma a distanza di 80 anni dalla Seconda guerra mondiale continua a essere un argomento scomodo e che divide.

Un contributo originale e frutto di un rigoroso lavoro negli archivi arriva da Raffaello Pannacci con “L’occupazione italiana in Urss. La presenza fascista fra Russia e Ucraina (1941-1943)” (Carrocci editore, pp. 310). L’autore, dottore di ricerca in Scienze storiche all’Università di Perugia, esplora senza pregiudizi temi come i rapporti tra militari italiani e popolazione civile, la lotta anti partigiana, il trattamento dei prigionieri, lo sfruttamento delle risorse locali.

Pannacci sente l’esigenza civile di «correggere in termini critici e autocritici» la visione che l’immaginario collettivo riserva alla campagna di Russia, anche perché l’Italia «ha da sempre delle difficoltà nel fare i conti col proprio passato (fascista e non)».

Per alcuni, «a causa di un malinteso senso di pietà, riflettere su quanto quegli uomini abbiano fatto prima di ritirarsi o di morire sul campo è sconveniente, imbarazzante o fuori luogo». C’è chi non la considera nemmeno una guerra in senso stretto, ma la tragedia di ragazzi mandati allo sbaraglio, che fraternizzarono con i civili e divisero il pane con i bambini. «Si tratta di “miti” che hanno spesso un fondo di verità. Farne la difesa d’ufficio serve solo a chi ha bisogno di accreditare una determinata immagine degli italiani e delle forze armate, così come respingerli a priori è ugualmente inutile e non aiuta a fare chiarezza».

Un esempio tra mille, di che cosa significò l'occupazione italiana. Un ufficiale di cavalleria, nell’aprile del ‘42 nel Donbass, scrive nel suo diario di aver visto un uomo che, dopo la morte della moglie per fame, impazzisce, uccide le sue due bambine e si toglie la vita. Tra 15 giorni, gli confida un collega incaricato delle requisizioni, non ci sarà più nulla da mangiare per la popolazione civile, ai nostri cavalli vengono dati anche l’orzo e l’avena che i contadini avevano tenuto per la semina. Alla mensa ufficiali, invece, non manca niente. «Se mentre uno pranza in quel modo - considera il militare - pensasse che in quel momento migliaia di bimbi piangono per la fame, non riuscirebbe ad ingoiare un boccone. Ma in guerra certi pensieri non vengono neppure per la testa».

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Il Messaggero